I teutonici
Shylock giungono al quinto album di una carriera costante e coerente nella sua devozione ai classici suoni dell’hard melodico mitteleuropeo, sostenuta con fierezza e qualità nonostante non sia mai riuscita a condurli ad essere veramente rischiarati dalla luce dei riflettori che “contano”, quantomeno a livello internazionale.
Un “amore al primo morso”, per dirla alla maniera dei loro numi tutelari Scorpions, che li ha finora sostanzialmente relegati al ruolo di “parenti poveri” di Bonfire, Shakra, Pink Cream 69, Jaded Heart, Axxis e Gotthard, quando, per quanto mi riguarda, come minimo avrebbe dovuto garantirgli un
allineamento a tali popolari consanguinei.
Sono quasi certo che nemmeno questo “dannatamente buono” (parafrasando l’opener del disco) “RockBuster” potrà sovvertire queste valutazioni e sarà ancora una volta un vero peccato, dal momento che quello che abbiamo di fronte è un esempio di pregevole scrittura e di abile esecuzione sviluppate all’interno di un canovaccio stilistico sicuramente poco rivoluzionario ma non per questo eccessivamente scontato, anche grazie a fugaci bagliori di “attualizzazione” inseriti saggiamente nell’impasto sonoro.
La ricetta è, tutto sommato, semplice: armonie raffinate e folate di rock anthemico, alimentate da un guitar-work incisivo e da una voce, quella del fedelissimo Matthias Schenk, che con le sue sfumature timbriche evocanti Claus Lessmann, Klaus Meine e Jon Bon Jovi, appare davvero adeguato nel rappresentare il primo
trasmettitore di queste frizzanti e infettive frequenze melodiche di tipico stampo
german-yankee.
“Damn good”, "Rose of Cairo" (ottima la performance di Schenk), “Strong” e “The moment”, esplorano al meglio il lato più sensibile e vibrante della band, “Dawn”, “Much” e “We are”, quello maggiormente fisico e frontale, mentre “Rumours” rilettura degli
one-hit wonder Timex Social Club, sorprende per freschezza e intensità, “Somebody else” è un singolare crocevia tra hard melodico e punk (con vaghe assonanze a Billy Idol!) e “Wrong planet” accentua la componente “modernista” con discreti risultati.
Nonostante talvolta affiori un pizzico di velata
stanchezza, il disco nel suo complesso si mantiene su livelli di elevata gradevolezza e concretezza, inducendomi a consigliarlo a tutti gli appassionati di questi suoni.
Gli Shylock meritano tutta l’attenzione, il rispetto e la stima riservata ai migliori epigoni della scuola melodica tedesca … non sottovalutateli.
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