Quando iniziano a trapelare le voci sull’arrivo di un nuovo album dei
Maiden, ormai, l’attesa più spasmodica è quella dei detrattori del combo inglese, che aspettano con ansia di poter nuovamente sputare fango sulla band, anche se magari si limitano ad un veloce e distratto ascolto online di un paio di brani al massimo.
Anche questa volta, purtroppo, la loro attesa è ripagata con un album estremamente vulnerabile, preceduto tra l’altro da singoli non proprio trascendentali. I fan più accaniti, dal canto loro, difenderebbero invece anche le scorregge di Steve Harris, quindi non nego che potrebbero ritenere The Final Frontier un grandissimo disco. Giusto per farvi capire il mio metro di giudizio, vi dico da che parte sto io.
Sinceramente, amo i Maiden, spesso suono in una tribute band, posseggo cd, dvd, autografi e rarità varie e sulla mia macchina fa bella mostra di sé un simpatico adesivo del caro Eddie. Tuttavia, non sono certo sordo e più passano gli anni più le uscite della Vergine di Ferro si allontanano dai miei gusti personali. Anzi, se devo essere sincero, da qualche anno mi sento anche preso in giro. Parlando di storia recente (inutile riferirsi ad anni e a dischi che ci hanno fatto amare questa band ma che tanto non torneranno mai più), i Maiden a mio parere non sfornano nulla di livello accettabile dai tempi di Brave New World.
Fin qui, in fondo, nulla di male: se questo è il massimo che riescono a fare, pazienza. Gli anni passano per tutti e non vedo perché non debbano passare anche per loro. Quello che mi fa sentire preso in giro sono le parole dei protagonisti, che ritengono i propri ultimi album dei capolavori assoluti che meritano larghissimo spazio nelle scalette live. Parliamoci chiaro: se ti chiami Iron Maiden per vendere i dischi non hai certo bisogno di far sentire le canzoni dal vivo. Scalette più equilibrate renderebbero giustizia sia alla storia che al prezzo del biglietto.
Comunque, ora basta divagare. Prima di dedicarmi anima e corpo ad una descrizione minuziosa dei singoli pezzi, mi sembra giusto chiarire che ritengo vergognoso che una band come i Maiden possa uscire con una produzione tanto approssimativa. Le scuse di Dickinson dopo l’uscita del singolo non servono assolutamente a niente se poi il disco suona male allo stesso modo. Avrebbe potuto impegnare meglio il proprio tempo incollando il basso in mano a Steve Harris, in modo da impedirgli di toccare le tracce del mixer. Per quanto riguarda le prove dei singoli, invece, non ho nulla da eccepire a parte un paio di cosine sempre riguardanti Dickinson, che ultimamente si ostina a voler tirare la voce fino al limite, risultando spesso fastidioso e sforzato. Detto questo, è ora di raccontarvi cosa ho sentito.
Satellite 15…The Final FrontierIntroduzione ridicola con grattugiate strumentali e inutili latrati di Bruce, che lascia spazio dopo oltre quattro minuti all’opener. Il pezzo, che gira già da qualche tempo con il relativo video, non è niente di clamoroso, ma si regge in piedi discretamente ed è sicuramente piacevole. Potrebbe anche far pensare a un buon disco, ma la storia ci ha purtroppo insegnato che tra l’inizio e la fine di un album dei Maiden la differenza si sente. Anche questa volta sarà così.
El DoradoPrimo singolo lanciato, che ha lasciato l’amaro in bocca a parecchi e permesso ai detrattori più incalliti di cominciare a sparare a zero sulla band. La canzone in sé non è poi da buttare e cresce con gli ascolti. Tuttavia, il ritornello proprio non riesco a digerirlo: anziché trascinare la canzone la smorza, soprattutto dopo un pregevole pre chorus come questo.
Mother Of MercyRitornano le atmosfere dei Maiden “anni 2000” in una canzone lenta e abbastanza anonima. Lo stampo è quello di No More Lies, per darvi un’idea. A me piace un po’ di più, ma sicuramente non è un gran pezzo.
Coming HomeBella canzone. Intro particolare e strofa lenta molto vicina a cose già sentite nei lavori solisti di Dickinson, sfocia in un refrain trascinante e pieno. Abbastanza lontana dallo stile tipico della band ma assolutamente riuscita. Se le sperimentazioni dei Maiden andassero sempre in questa direzione ci sarebbe da gioire.
The AlchemistFinalmente un pezzo veloce, che rappresenta tra l’altro il migliore dell’intero album. Il riff è sempre lo stesso, ovviamente: ascoltare o suonare per credere. Ma quando i Maiden si mettono a correre mi fanno ancora battere il cuore. Peccato sia l’unico episodio di questo tipo all’interno del disco. Sarebbe stato decisamente un singolo più azzeccato.
Isle Of AvalonSi parte con le intro arpeggiate: da qui in poi un disco sufficiente inizia a scricchiolare paurosamente e a finire nel totale anonimato. Guarda caso, tutto ciò accade quando le durate si allungano a dismisura e quando lo zio Steve si dimentica di aver già scritto la stessa canzone almeno venti volte. Crescendo e refrain in fondo non sono nemmeno osceni, ma la formula inizia seriamente a stancare.
StarblindCome la precedente, forse leggermente più apprezzabile perché per certi versi cerca di uscire da certi stilemi consolidati. Merita un ascolto.
The TalismanNuova intro acustica e nuovo pezzo da nove minuti. Abbastanza insulsi i primi due, in classico stile “narrativo”. Poi, ovviamente, si parte con la cavalcata: il riff ricorda quello di Out Of The Silent Planet, ma putroppo il ritornello è decisamente inferiore per qualità. Gli stacchi centrali sono comunque carini e non nascondo che potrà piacere a tanti, se sapranno accontentarsi di poco.
The Man Who Would Be KingIl modo migliore per andare oltre gli otto minuti? Una bella intro lenta, ovviamente! Giunto alla nona track non ne posso davvero più: per fortuna stavolta si interrompe dopo poco più di un minuto e quello che segue è quantomeno decente. Però, ragazzi miei, ancora una volta siamo alla citazione dell’autocitazione della citazione auto citata in precedenza. Sarebbe il caso di finirla, no? Parte centrale interessante e inusuale, che sfocia in un simpatico riff a più voci, per poi tornare nel semi anonimato nel finale.
When The Wild Wind BlowsQui si arriva addirittura a toccare gli undici minuti. Manco a dirlo, la struttura del pezzo è sempre quella. Tra l’altro, la più lunga è anche la canzone più brutta di tutto il disco: stavolta ho fatto davvero fatica ad arrivare in fondo.
Mi dispiace, perché da buon fan un po’ ci speravo, ma la sufficienza non è raggiunta. Anche unendo i pezzi migliori degli ultimi due dischi, probabilmente non ne verrebbe fuori un album di buon livello. Sinceramente, non me la sento proprio di consigliare l’acquisto di The Final Frontier.
È un disco tutto sommato inutile e abbastanza noioso.
Soprattutto, è un disco che avete già. Anzi, se siete fan dei Maiden ne avete anche più di uno uguale a questo. Se poi lo volete perché siete a corto di cattura polvere, per collezionismo o per imparare i ritornelli in vista del tour, fate voi. Io comunque scommetto che non farà più di due o tre giri nel vostro stereo prima di finire per sempre in un angolo.