Roy Philip Nohl – Roy P. Nohl – Rohypnol – Roipnol.Ecco spiegato il titolo del nuovo disco degli
Arcadia, band una volta di Vercelli, ma adesso decisamente senza un’identità precisa, almeno dal punto di vista geografico.
Il nuovo “
Roy Philp Nohl” è un concept sulle droghe, o meglio sull’abuso che se ne fa e sugli effetti delle stesse sull’essere umano. Il Roipnol del titolo, per chi non lo sapesse, è una benzodiazepine, che produce effetti ipnotici, sedativi e ansiolitici, spesso usata in combinata disposizione con la cocaina e con l’alcol.
La qual cosa è confermata dall’intro, nella quale Roy Phil Nohl parla di se stesso e dei suoi due amici Alex Kohl (per gli amici Al Kohl, alcol) e Mike O’Caine (che si legge “my cocaine” per i più distratti).
Dicevamo della non precisa identità geografica della band, essendo
Demetrio Scopelliti al momento in Norvegia ed essendo la band solita andare e venire dagli Stati Uniti, specialmente la California.
E non è un caso che questo disco sembri citare, e mi riporti alla mente, un disco molto bello, di una band californiana, i
Substance D, il cui unico disco, “
Addictions”, è una perla che custodisco gelosamente nella mia collezione. Non a caso una delle canzoni più malate di quel disco si chiamava “
California”, costruita sulle deliranti incisioni di segreterie telefoniche.
Chiarito il sostrato concettuale di questo disco, non resta che analizzare il versante strettamente musicale. Anche in questo caso l’America sembra essere il punto di riferimento.
Il metalcore degli
Arcadia dal punto di vista del dinamismo e delle aperture melodiche ha un gusto decisamente d’oltreoceano, anche perché dà vita ad un sound molto contaminato.
Prendete “
Slaughterhouse, Obituaries And A Love Story”, un pezzo cantato in italiano e in inglese, che cita punk, hardcore, crust, thrash metal, noise e si permette finanche il lusso di essere estremamente melodico, con vocals filtrate.
I nuovi
Arcadia sono perennemente sospesi tra la voglia di pestare come matti e fare male, e la voglia di avere un approccio più sofferto e ragionato alle composizioni.
Il contrasto tra queste due anime produce un sound dilaniato, schizofrenico, imprevedibile, come nel caso di “
New Skin”.
Non manca una toccante ballad, “
Because Of You”, ovviamente non una tipica canzone lenta, ma, ancora una volta, qualcosa di imprevedibile, come potrebbe essere una serenata cantata da un tossico strafatto.
Il disco mostra un songwriting maturo, con una band consapevole dei propri mezzi, temprata dal lungo peregrinare in giro per il mondo, portando la loro musica on stage dalla California alla Turchia.
“
Roy Philip Nohl” è un disco che sebbene inquadrabile nel filone metalcore, offre tuttavia spunti di originalità e personalità non indifferenti, per come sa miscelare le diverse componenti sonore. D’altronde un pezzo come “
Vampire” non è da tutti, un continuo saliscendi sulla paranoia del dittongo violenza/melodia. Bellissima anche “
Nice Pics From The End Of The World”, dove il singer
Michele Nocentini si mette addirittura a rappare.
Il giudizio definitivo su questo disco è estremamente positivo, essendo sicuramente il migliore dai tempi dell’esordio “
Synth”, il quale, peraltro, era il frutto di un’altra band e di un altro momento storico.