Gli
Agalloch sono una delle band più innovative del panorama metal attuale, per la commistione di influenze che con sapienza riescono ad unificare. Ma in questo
Marrow of The Spirit c'è anche molto altro.
C'è poesia, c'è letteratura, c'è natura, c'è sogno, c'è inconscio, c'è malinconia, c'è desolazione.
Si comincia con l'intro strumentale in cui le orecchie dell'ascoltatore vengono docemente e fallacemente coccolate, attraverso il rumore dell'acqua di un ruscello ed il violoncello che scandisce il ritmo di una natura che sembra quasi primaverile.
Sempre forte è nella band il sentimento di legame uomo-natura, l'intimo rapporto che con solennità unisce chi spesso riveste il ruolo l'una di oppresso, l'altro di oppressore.
Un'ora abbondante, quella proposta dagli americani
Agalloch, in cui si viaggia con la mente attraverso paesaggi distorti, per quanto intrisi di una forte componente visionaria. I testi, come consuetudine, sono strutturati a mo' di odi, con una struttura metrica semplice e soluzioni stilistiche che rendono le lyrics delle vere e proprie poesie degne del romanticismo inglese di seconda generazione.
Marrow of The Spirit colpisce soprattutto per la sferzata di inaspettata violenza che la band riesce ad introdurre, seppur mantenendo i toni dai colori soffusi e color pastello. Numerose le parti black metal, che rendono questa produzione la più aggressiva che sia mai stata sfornata dagli
Agalloch.
I tempi sono molto dilatati, si ha la sensazione di vivere nella dimensione di un ricordo perenne grazie anche a dei pezzi molto lunghi. Si arriva ad un totale di 65 minuti spalmati in sole sei tracks, di cui la bellissima "
Black Lake Nidstång" ne costituisce massima espansione con i suoi 17 minuti.
E' interessante anche l'accostamento di "marrow" e "spirit" nella scelta del titolo. Quasi come in un ossimoro, vengono associati due elementi in contrapposizione tra loro: il concreto midollo e l'astratto spirito. Ed è, questa, una scelta vincente, che ci permette effettivamente di carpire il messaggio che qui gli Agalloch hanno voluto comunicarci.
Del resto, "
The Watcher's Monolith", il pezzo più rappresentativo, a mio parere, di
Marrow of The Spirit, trae proprio ispirazione da un'esperienza vissuta in presa diretta dal singer della band,
John Haughm, durante il suo soggiorno a Externsteine, nel nord nella Germania. Il pezzo descrive la profonda interazione tra ciò che è la natura circostante e ciò che siamo noi, come se la natura stessa fosse nostra imprescindibile linfa di vita.
"
The Watcher's Monolith" nasce dopo che John, per curarsi da un'incresciosa malattia che lo aveva colpito, si è affidato alle rocce di Externsteine, che si dice sprigionino un'energia dai poteri curativi. Distesosi all'interno di un "sepolcro" composto dalle stesse rocce, questa forte pulsione benefica è passata per osmosi dal corpo dell'ammasso roccioso al corpo del singer, guarendolo completamente.
E' stata senza dubbio un'esperienza mistica e spirituale molto intensa, che ha inciso di netto nell'accurata stesura di questo piccolo capolavoro musicale.
Ascoltare i pezzi degli
Agalloch è un pò come affrontare un viaggio di catarsi, in cui la desolazione dei paesaggi che vengono in mente rivelano la giusta chiave di lettura da utilizzare per interpretare la loro musica da atmosfera. Sono paesaggi che viene spontaneo immaginare vuoti, perchè, almeno per una volta, sarà la natura a dominare l'uomo e non il contrario.
In un completo trasporto, tutti i sensi vengono chiamati in causa.
Rispondete alla chiamata anche con i vostri, non ve ne pentirete.