Copertina SV

Info

Past
Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:1986
Durata:50 min.
Etichetta:Black Dragon

Tracklist

  1. AYLTUTHUS I
  2. OF THE SUN + MOON
  3. FIELDZ THE SUNSHRINE
  4. SALEM
  5. THE REIGN OF NIGHT RAINZ
  6. LEGACY
  7. TO LUNAR WINDZ
  8. THE ENLIGHTENMENT
  9. MASTER OF THE SUN
  10. THE PRESSING
  11. IN LIGHT OF MOON
  12. MOON

Line up

  • Nacsar: guitars, barx
  • Zed: bass, backing vocals, percussion
  • Pol: drums, percussion
  • The Pilot: vocals, guitars, percussion, fx

Voto medio utenti

I Sacred Blade approdano sulla Terra nel 1986 (anche se in realtà i primi “avvistamenti” risalgono all’81 - anno di formazione, all’82 e all’83 - date a cui risalgono due apprezzati demo tapes che li eleggono “nuova migliore band” per l’emittente radiofonica americana WMSC e procurano al gruppo una partecipazione a “Metal Massacre vol. 4” e una prestigiosa attività di supporto per i live shows di Raven, Exciter, Metal Church ed Exodus) grazie alla lungimiranza della label francese Black Dragon (la stessa “responsabile” degli esordi di Candlemass, Heir Apparent ed Exxplorer!) che li pubblica con questo favoloso “Of The Sun + Moon” in un elegante (oltre che dispendioso, a testimonianza di quanto l’etichetta credeva nel progetto) packaging con copertina apribile, riportante testi e suggestive illustrazioni tra l’esoterico e il fantascientifico.
L’immaginario “spaziale” è d’obbligo per questa band che ha scelto il rigoglioso Canada solo come la sua patria “d’adozione”, dacché si presenta come una comitiva di profughi del pianeta Xerces, un misterioso corpo celeste dove un esperimento scientifico ha cagionato un’alterazione del sistema solare, consegnandolo all’oscurità. Viaggiando attraverso lo spazio e il tempo a bordo della loro navicella denominata “orclaze”, gli alieni chiamati Nacsar (Will Rascan), Zed (James Channing), Pol (Paul Davis) e The Pilot (Jeff Ulmer), giungono fino a noi per raccontare la loro storia e metterci in guardia sui pericoli del progresso tecnologico.
Una vicenda senz’altro suggestiva e piuttosto originale, che da sola, però, non si sarebbe meritata grande apprezzamento da parte della critica più illuminata dell’epoca e un enorme rimpianto nei cuori di chi è rimasto folgorato da questo disco e poi non ha più potuto replicare tali sensazioni per l’incomprensibile “eclissi” dei suoi autori, almeno fino alla riapparizione del solo The Pilot, che, con nuovi collaboratori e una nuova denominazione, Othyrworld, nel 2005 ha dato alle stampe il disco autoprodotto “Beyond Into The Night Of Day” (contenente praticamente tutto il contenuto di quest’esordio risuonato e alcuni inediti), alimentando le speranze di un ritorno nella scena terrestre ormai atteso da troppo tempo.
“L’Astral Alloy” (e così che i Sacred Blade auto definiscono il loro suono) proposto in questo favoloso concept-album è un’entità estremamente seducente e creativa, decisamente “in anticipo” sui tempi, capace di entusiasmare per merito di una mirabile lega che combina rock “cosmico” e psichedelico alle progressioni enfatiche dell’heavy metal, arrivando a sfruttarne pure le correnti maggiormente speed e adattando ad arte tutte queste mutevoli situazioni musicali al canovaccio narrativo, per un risultato finale incredibilmente coinvolgente, magnetico e ancora parecchio “attuale”.
Veramente difficile trovare dei punti di riferimento credibili per la musica contenuta in “Of The Sun + Moon”, anche oggi a distanza di venticinque anni dalla sua uscita; c’è qualche affinità (soprattutto attitudinale) con i Rush di “2112”, con il power americano “colto” del periodo (Crimson Glory, early Queensryche, o gli stessi compagni d’etichetta Exxplorer, per esempio), con il doom e con il sound acido dei seventies, ma è la maniera con cui queste influenze vengono metabolizzate e trasfigurate, a rappresentare la vera “sorpresa” dell’Lp, in grado di rimanere tale (sebbene, per ovvie ragioni, in un modo, come dire, leggermente meno “prepotente”), come anticipato, anche nel 2011, dove quasi tutto sembra già “sentito” e sperimentato.
Ascoltare la forza espressiva della title-track, con le voci che sembrano davvero arrivare da “lontano”, adagiate su un riff potente che assume un tono oscuro in prossimità del refrain o quella ancora più intensa e ipnotica di “Moon”, le irresistibili suggestioni di metal-psichedelia profuse da “Fieldz the Sunshrine” e dalle cadenze di “In light of the moon”, le profondità eroico-caliginose di “Legacy”, le pulsazioni iridescenti di “The pressing”, ma anche la carica “primitiva” di “Salem” e le progressioni invincibili di “Master Of The Sun”, intervallate da inserti acustici dall’imponente potere evocativo, testimonia lo smisurato talento di un gruppo che, nonostante i proclami riferenti di ben tre album pronti per la registrazione, non seppe (o non poté) dare seguito “vero” ad un esordio che meriterebbe sicuramente, in un’epoca favorevole (talvolta pure “troppo”!) alle riscoperte, una ristampa adeguata (mi risulta che in passato ci fu un tentativo in questo senso da parte della nostrana Underground Symphony, non concretizzatosi presumibilmente per motivi squisitamente economici, mentre ne esiste una versione autoprodotta del 1999, a quanto sembra limitata ad un numero veramente esiguo di copie).
Disco monumentale.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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