Vi ricordate dei
Ravenscry? No? Male! Ve ne parlai ormai due anni addietro, in occasione dell’uscita del loro
primo EP, che si annunciava come gustosa anteprima del debut full length. Bene, i ragazzi ci avranno pure messo due anni, ma il risultato merita, eccome.
“
One Way Out”, infatti, non è altro che lo sviluppo ed il completamento del precedente mini-lavoro, laddove le songs dell’EP vengono qui accompagnate da un’altra manciata, per un lavoro a dir poco interessante. Partiamo dalla produzione, molto moderna e chirurgica; la cura nei suoni permette alle chitarre basse e cazzutissime di Mauro e Paul di venir fuori alla grande, su un tappeto ritmico potente e convincente. La ciliegina sulla torta, anche questa volta, la sempre interessante voce di Giulia, che ancora mi ricorda Skin degli Skunk Anansie, magari ‘incrociata’ con la Cristina ‘Lacuna Coil’ Scabbia. Anche il sound della band, e credo di non scoprire niente di nuovo, è fortemente debitore verso i Lacuna. Eppure, in una maniera sottile ed inafferrabile, il sound dei Ravenscry riesce ad essere originale, preso com’è da attacchi di malinconia (“
Elements Dance”, “
My Bitter Tale”, la variegata "
A Starless Night") che ben fanno da contraltare alle sfuriate metalliche di brani belli e convincenti sin dal primo ascolto, come “
Embrace”, “
Nobody”, l’opener “
Calliope”.
Non vi starò a raccontare la storiella della band al debutto, che sforna subito il capolavoro; questo album paga il doveroso e giusto tributo al gothic metal, ed alle bands succitate. Ciò non toglie che, in mezzo ad un mare di bands/clone, i Ravenscry si lascino ascoltare con piacere, e quando mi accorgo che il piedino mi si muove, a tempo con la musica, un leggero sorriso mi increspa il viso. Buona la prima.