Sin dal titolo, il nuovo album dei
Rhapsody of Fire sembra una summa della carriera della band. “
From Chaos to Eternity”, come dire: dai primi dischi pieni di adolescenziale vigore ed idee a profusione, ad una maturità ed una costante ricerca del momento che suggelli una carriera, dell’album perfetto, della definitiva pennellata ad un quadro in lavorazione da anni. E di anni ne sono passati ben 14 da quel “
Legendary Tales” che, a mio avviso, è stato uno dei debut più forti di quel periodo.
Tanta strada hanno fatto i nostri eroi, tra albums maestosi, problemi di label e management, monicker da cambiare, membri che arrivavano e partivano; e mentre il tempo passava , una sempre più nutrita schiera di fan si è affezionata, seguendo le vicende della “
Emerald Sword Saga”, accompagnando gli eroi di questo mondo fantastico attraverso periodi oscuri, albums più o meno riusciti, morti e resurrezioni.
Per tutti questi motivi, e per moltissimi altri, i Rhapsody (lasciatemeli chiamare così, almeno stavolta) sono ormai assurti allo status di icona, nel mondo metal italiano ed internazionale. Ed è per questo che questo “From Chaos to Eternity” merita di essere celebrato, poiché appone, dopo tutti questi anni, la definitiva parola ‘fine’ alla saga, ad una storia che ci accompagna da così tanti anni, ad una band che dovrà costruire il suo futuro partendo da un nuovo punto di partenza, ancora tutto da definire.
La creatura di Turilli e Staropoli ci regala quindi, a poca distanza dal bellissimo “
The Frozen Tears of Angels”, un album maturo, complicato, epico e a tratti commovente, soprattutto nella lunga suite finale, “
Heroes of the Waterfalls’ Kingdom”, in cui la storia dei nostri valorosi combattenti giunge alla fine, non senza un clamoroso colpo di scena (non vi anticipo niente, ma sappiate che, a volte, la morte non è l’ultimo stadio della vita di un uomo…). Una storia avvincente, narrata superbamente usando il power symphonic in maniera deliziosa, ossia mantenendo quel bilanciamento tra tentazioni operistiche e bombastiche e pura potenza, con spruzzate di poesia che fanno davvero piacere. L’uso della lingua italiana, per la prima volta, non è mero appannaggio di brani lenti (come la qui presente “
Anima Perduta”), ma prende il timone anche in una song potente e maestosa come “
Tempesta di Fuoco”, con risultati eccellenti. Chi di voi ha sempre considerato il sound della band pacchiano e fin troppo auto-citante, riceverà conferme anche da questo lavoro, in cui il Rhapsody-style è esaltato all’ennesima potenza. Ma, vi assicuro, i pezzi strepitosi in questo ultimo capitolo non mancano affatto: dalla title-track, alla stupenda e commovente “
I Belong to the Stars”, ad una “
Aeons of Raging Darkness” aperta magistralmente dal basso di Patrice Guers ed in cui le doti interpretative di
Fabio Lione raggiungono picchi di assoluta classe; in questo album, Fabio riesce a modulare la sua voce su due-tre registri completamente diversi, passando dal suo classico cantato power potente e tenorile, a growls ferini, da sussurrate melodie in punta di ugola a stacchi di pura cattiveria. È suo, forse, il primo premio nello sforzo esecutivo di una band che, col tempo, ha imparato dai propri errori, immagazzinato, mutato ed adeguato il suo stile, pur riuscendo a mantenerlo inconfondibile e riconoscibile dalla prima nota.
Mi sono affezionato molto ai Rhapsody, col passare degli anni. Ho letteralmente perso la testa per i primi due albums, mi sono disamorato per la loro svolta fin troppo operistica e hollywoodiana, ed ho lentamente ripreso le speranze, fino al precedente album. Questo “
From Chaos to Eternity” sembra essere il perfetto suggello ad una carriera in continua evoluzione, anche se i detrattori della band mai si stancheranno di attaccare Turilli e soci per il neoclassicismo fin troppo barocco, e per la loro ostinata convinzione e fede nella ‘creatura’. Ma bisogna riconoscere a Luca, al bravissimo Alex Staropoli ed a Fabio Lione (
dimmi, Fabio, quanto dista Algalord da Kamelot?) il merito della coerenza, pur in mezzo a mille difficoltà.
Sono quasi commosso, alla fine dell’ascolto. La storia diventa la vera protagonista, e seguirla vi caricherà di aspettative, ansia per la sorte dei personaggi, fino al colpo di scena finale che, liricamente, è portato in maniera strepitosa. Per l’ultima volta, sir Christopher Lee ci racconterà le vicende di un mondo lontano, fatato, ma forse l’unico posto in cui esistano ancora dei valori, in cui la forza di un uomo risiede nella sua interazione con la Natura, e nella fratellanza con i suoi simili, uniti da ideali così alti e puri, che al confronto la nostra realtà sembra uno sporco angolo di universo.
Grazie di tutto, Rhapsody. Vi ho amato, vi ho odiato, mi avete fatto incazzare e gioire, ma grazie alle vostre storie ed alla vostra musica ho potuto viaggiare in un mondo da sogno, fantastico ed avvincente. Mi mancherà.