Sotto l’etichietta “progressive metal” molto spesso si tende ad inserire parecchie cose e non sempre ci si trova effettivamente di fronte a qualcosa che si possa definire propriamente progressive. In questo caso, invece, siamo al cospetto di un vero e proprio manifesto progressivo: difficile, intricato, raffinato, ipnotico, sperimentale. Un disco che, a causa degli impegni dei musicisti coinvolti, ha richiesto ben 3 anni per essere ultimato: un percorso lungo e tortuoso, che tuttavia ha dato i suoi frutti.
Un sentiero musicale lungo 18 brani (tra cui, come di consueto, alcune intermission strumentali), curato in ogni minimo particolare con arrangiamenti da brivido, che già attraverso il titolo esprime tutta l’intenzione di stupire e non lasciare punti di riferimento. Canzoni come
Uggarderojr, la
Birka Trilogy o
Vargton possono darvi un’idea di quello che questi ragazzi sono stati in grado di fare, ma come spesso accade nelle opere di questo tipo smembrare il lavoro in piccoli assaggi risulta riduttivo e quasi inutile. Se vi state chiedendo come suona, sinceramente, non so cosa rispondervi. Io ci sento elementi King Crimson, parecchie cose di Zappa, diversi spunti alla Pain Of Salvation della prima ora, ovviamente molto più metal, ma la scuola è quella. Sono però convinto che ognuno possa trovarci davvero tante influenze, tutte diverse e provenienti anche da altri generi. Quello che invece non ci troverete è la melodia fine a sé stessa o gli episodi orecchiabili e commerciali. Il disco è tosto da digerire, non cerca compromessi e rimane intricato e chiuso fino alla fine, tanto da assumere in certi frangenti i caratteri dell’improvvisazione strumentale. La prova compositiva è dunque monumentale e da promuovere a pieni voti, così come quella strumentale, in un disco dove batteria e chitarra dominano incontrastate grazie ad un lavoro incredibile. Un plauso è anche necessario per la voce di Björn Jansson, che aggiunge un efficace senso di pazzia al tutto, con una prova maiuscola e assolutamente lontano da ciò che secondo i canoni classici può essere definito perfetto.
Piccola nota di colore patriottico: il mix è avvenuto agli OSD Studios di Bologna ed è stato curato da
Nicola Venieri. Un lavoro che definire ben fatto è dire poco, davvero ottimo.
Insomma, che aspettate? Altra piccola sorpresa di questa estate 2011, riservata esclusivamente agli amanti del genere più intransigenti. Se quando sentite la parola “prog” pensate subito a Dream Theater o Symphony X e vi aspettate semplicemente qualche super assolo condito in salsa melodica e ballatone strappalacrime, invece, statene ben lontani.
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