Quei poveracci che leggono le mie recensioni sapranno che un paio d'anni fa, proprio di questi tempi, scrivevo di
"A Mind's Chronicle", album d'esordio di una giovane band romanda dall'altisonante nome di
Infinita Symphonia, esaltandolo e descrivendolo come uno dei migliori dischi di power/prog/symphonic usciti in Italia e nel mondo negli ultimi anni.
Bene, dopo 2 anni di meritato riposo i ragazzi romani capitanati da Luca Micioni e Gianmarco Ricasoli sono tornati e hanno deciso di farlo ancora una volta col botto, con un album bello bello in modo assurdo (cit.).
Più bello di "A Mind's Chronicle"? Meno bello?
Ve lo dirò dopo, perlomeno la mia opinione, per ora mi limito a dire che
"Infinita Symphonia" è un album decisamente diverso da quasi tutto quello che avete ascoltato finora della band romana: su questo nuovo disco c'è più heavy metal, più hard rock e un briciolo più di prog, a discapito di un approccio più power nelle melodie e soprattutto delle meravigliose aperture sinfoniche del disco d'esordio.
Per quanto riguarda le cose in più, ben vengano: ascoltare un brano come
"Last Breath" è un vero piacere per le orecchie, coi suoi campi di ritmo, di tempo e di atmosfere si rivela come uno dei più riusciti dell'intero album, proprio perchè riesce a stupire l'ascoltatore e a non farlo sedere un attimo in tranquillità, mostrando ad ogni giro un lato differente di sé. Ed è proprio questa, per quanto mi riguarda, la dote principale degli
Infinita Symphonia, ovvero quella di risultare imprevedibili, di adottare soluzioni assolutamente non lineari e ripetitivi all'interno della struttura della canzone, non annoiando e facendo dell'originalità un vanto proprio. Scordatevi una sequela di canzoni fatte dal solito ritrito schema strofa- ritornello-strofa-ritornello-assolo-ritornello, o quantomeno difficilmente riuscirete ad intercettare prima quello che vi sta per essere proposto, soprattutto considerando il fatto che, come detto in precedenza, le influenze di questo disco sono enormemente superiori a quelle del precedente, ergo le soluzioni stilistiche messe in piedi sono davvero notevoli, sia per numero che per qualità.
L'opener "
If I Could Go Back" è forse quanto di più simile al passato possiamo ascoltare su questo nuovo lavoro, anche se una certa durezza in più nel sound dei romani è subito intercettabile, così differente dagli stilemi classici del power al quale sarebbe facile ascrivere il brano.
Già detto della splendida "
The Last Breath", l'ascolto prosegue con l'ottima "
Welcome to My World", il cui incedere ritmico mi ha ricordato alcuni episodi degli Avenged Sevenfold (so che sembra una bestemmia ma ve lo giuro), in particolare per la sezione ritmica. In questo senso devo riportare il cambio dietro alle pelli, dato che l'ottimo Luca Ciccotti è stato sostituito con l'altrettanto bravo
Ivan Daniele: la sensazione personale però è che nel cambio gli Infinita Symphonia ci abbiano perso qualcosina, perchè reputo Ciccotti un batterista più vario nello stile e molto più fantasioso (l'intro di "Here There's No Why" chi se la ricorda?). Dettagli e gusti personali comunque, dato che anche Ivan offre una prestazione esente da difetti tangibili e globalmente di ottimo livello.
Degli altri componenti della band ne ho già parlato abbondantemente in passato, ma è impossibile non nominare ancora
Luca Micioni e la sua grandiosa voce, in grado di colorare e di rendere unici anche passaggi all'apparenza banali: in questo la ballad "
In Your Eyes", cantata in compagnia di Daniela Gualano, è assolutamente da brividi, anche a livello di lyrics, pur non all'altezza di quel capolavoro di "The Illusion".
Prima della ballad però era il turno di "
Drowsiness", canzone all'apparenza in pieno stile Infinita Symphonia nella quale si nasconde però la nuova anima "oscura" della band, grazie in particolare al buon growl curato dal chitarrista
Gianmarco Ricasoli.
Growl, ballad..e poi? E poi
Michael Kiske. Si, proprio QUEL Kiske, per il quale gli Infinita Symphonia hanno scritto una canzone davvero bella, che si adatta in maniera P-E-R-F-E-T-T-A alla voce del vocalist di Amburgo: bastano infatti 10 secondi della strofa, cantata inizialmente da Micioni, per pensare "Queste linee vocali sarebbero adattissime a Kiske" e..pam, eccolo che arriva Michael a innalzare ulteriormente il livello già fin qui altissimo di un disco che si rivela degno successore di quello d'esordio.
Fin qui..perchè dopo "
Fly" arriva un momento di stanca del disco, che si trascina purtroppo fino alla fine: le quattro canzoni successive non sono insufficienti di per sé, assolutamente, ma l'ordine in cui sono state infilate nell'album, pur magari sensato a livello di concept, finisce con l'ammazzare il ritmo dello stesso. Troviamo infatti in sequenza la strumentale "
Interlude", la semi-ballad "
Waiting For a Day of Happiness" e un'altra strumentale,
"X IV" (che richiama la copertina dell'album, sulla quale un grosso orologio segna proprio le dieci e venti), prima della conclusiva "
Limbo". Considerando che appena prima di "Fly" c'era stata la ballad "In Your Eyes", trovo che si sarebbe potuti essere un pochettino più oculati nella sequenza dei brani che, ripeto, sono comunque tutti di buonissimo livello compositivo, come peraltro da tradizione.
In conclusione? Una prima parte (fino a "Fly") strepitosa, praticamente perfetta alla quale, "purtroppo", fa da contraltare uno scivolo finale che, tirate le dovute somme, risulta "solo" buono, un buono che tantissimi altri gruppi comunque si sognano. "
Infinita Symphonia" si rivela quindi globalmente un disco eccellente, leggermente inferiore a "A Mind's Chronicle" ma talmente ricco di potenzialità e di perizia da risultarne un degno successore. E gli
Infinita Symphonia si dimostrano grandiosi portabandiera del metal tricolore: diamogli il supporto, l'ascolto e la visibilità che si meritano, perchè band come queste mi rendono fiero di essere italiano.
Quoth the Raven, Nevermore..