Last Leaf Down è una band elvetica che pur esistendo dal 2003 solo oggi, nel 2014, riesce a dare alle stampe il disco di debutto, il qui presente “
Fake Lights”.
Partiamo dalla fine, ci sarà pure voluto un decennio ma ne è valsa la pena.
Shoegaze rock che strizza l’occhio alla new wave e alla musica ambient.
Atmosfere pompose e sognanti, attraversate da venature liquide, oniriche, con melodie che entrano dentro e ti lacerano nella loro struggente bellezza.
Le prime quattro canzoni, fino a “
These Waters”, rasentano il capolavoro, sebbene mostrino già quello che può essere un punto debole del disco, ovvero una certa sensazione di deja-vù la quale, tuttavia, si dipana con i ripetuti ascolti del disco. Ad un primo acchito le canzone parrebbero somigliarsi tutte, ma man mano che si ascolta con attenzione il disco ci si rende conto che è il mood ad essere simile, ma i contenuti cambiano.
Immaginate un misto tra
Katatonia, ultimi
Alcest, e i
Radiohead più intimi.
La produzione è ottima, con un tocco retrò che unito al suono delle chitarre crea atmosfere tipicamente autunnali, romantiche, letteralmente da brividi. Il disco giusto al momento giusto.
Ascoltare “
Fake Lights” assomiglia a un viaggio, ad un lenta discesa nell’oblio dei sensi, ad un’esperienza sensoriale, soprattutto se fuori è il crepuscolo e il sole, freddo, è ormai all’orizzonte.
Un valore aggiunto è la voce del singer,
Benjamin Schenk, eterea, quasi nascosta tra le pieghe delle progressioni di chitarra o del freddo pulsare dei synth.
Uno dei dischi dell’anno. Sicuramente superiore a quello degli
Alcest. Fatelo vostro.
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