Con qualche mese di ritardo, ospitiamo sulle nostre pagine virtuali il nuovo lavoro dei siciliani
Exultet, vecchia conoscenza di Metalhammer.it e validissimo progetto musicale che, con il nuovo
"At The Gates of Christendom", conferma la qualità e la particolarità della sua proposta.
Farz, rimasto membro unico del gruppo dopo l'abbandono del batterista Argoth, costruisce il nuovo album intorno alle vicende che portarono alla sconfitta dei Turchi nella celebre battaglia di Lepanto e lo fa attraverso un Black Metal dal taglio melodico ed atmosferico concepito secondo una prospettiva
cinematografica che lo distacca nettamente dalle proposte simili.
I brani dell'album sono, infatti, tutti delle lunghe mini suite nelle quali il metallo nero si fonde con i magniloquenti ricami epico-sinfonici ed orientaleggianti che costituiscono la caratteristica peculiare della musica degli
Exultet rendendola imponente e, come ricordato più sopra, quasi colonna sonora alle vicende narrate dei testi.
Farz, in questa prospettiva "filmica", destruttura il concetto canzone: non esistono ritornelli o bridge da poter ricordate, ma solo lunghe narrazioni di battaglie ed invasioni che ci vengono praticamente raccontate più che cantate e che sono esaltate e sottolineate, costantemente, da sample di cavalieri in lotta che muoiono lottando per i propri ideali e da partiture atmosferiche cariche di epicità e fierezza.
Quello che conta maggiormente in un disco del genere, al di là della tecnica o della produzione che poteva essere più curata, è certamente l'atmosfera e da questo punto di vista gli
Exultet colgono perfettamente nel segno:
"At The Gates of Christendom" vi condurrà, infatti, indietro nel tempo facendovi rivivere la vita e la morte delle genti che hanno solcato il Mediterraneo morendo nelle sue acque e facendo la storia delle nostre Terre.
Credo, per completare la mia analisi, che il gruppo siculo abbia ulteriori margini di miglioramento dal momento che le parti più squisitamente metal potrebbero essere più incisive ed evocative e l'uso della voce, che a me ricorda molto
Rob Darken dei
Graveland, certamente più vario e meno monocorde di come è adesso contribuendo a valorizzare una proposta che monocorde proprio non lo è.
Si tratta, in ogni caso, di difetti secondari che non incidono eccessivamente sulla qualità di un album davvero convincente che farà la felicità di chi ama la musica epica, folkloristica e magniloquente ma ammantata, in ogni caso, di un alone oscuro e tetro tipico del metallo nero.
Spero che gli
Exultet trovino un contratto discografico che garantisca loro la giusta visibilità e dia loro il meritato riconoscimento.
In bocca al lupo.
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