Nell'affrontare l'esordio dei
Fake Idols, non avevo idea se questo gruppo nato dalle ceneri dei Raintime, avrebbe avuto un futuro, o - anche perché composta da diversi "ex" - si sarebbe limitato a un'uscita estemporanea.
Eccoli invece, a breve distanza da "Fake Idols", con il loro secondo album: "
Witness" da poco uscito per
Scarlet Records, e soprattutto con una formazione che si è rivelata solida e stabile.
Bene, dopo l'"effetto sorpresa" spazio all'"effetto conferma", infatti, "
Witness" riparte da dove li avevamo lasciati dopo il loro esordio, quel sound moderno e accattivante e brani adrenalinici e d'impatto, costruito su robusti presupposti Hard Rock, cui prendono parte anche due special guest, il sempre più bravo
Davide "Damna" Moras, cantante degli Elvenking e Hell In The Club, e soprattutto una vera leggenda come
Phil Campbell, che presta la sua chitarra su "
Mad Fall", dove i
Fake Idols si spingono quasi ai limiti del Thrash Metal, con una accelerazione che spicca ancor di più perché piazzata tra due brani rockeggianti come l'atletica opener "
Out of Gear" e la viscerale "
So Now…". Una terna in grado di metterti spalle al muro, con un impatto un po' smorzato da "
Sail", che pure partirebbe su delle belle pulsazioni ritmiche ma poi non riesce realmente a esplodere, risultando vagamente incompiuta. Di tutt'altro tenore la scattante "
The City’s Burning", arricchita dalla presenza di
Moras, seguita dal breve strumentale ("
Silence") e quindi da una "
I'm a Fake", affrontata con il giusto piglio da tutti e cinque i – bravi - musicisti, e poi ci ritroviamo di fronte ad una cover, con i
Fake Idols che a sorpresa puntano sui Chemical Brothers (sull'esordio era toccato ai The Cardigans) e sulla loro "
Go", che non smarrisce del tutto l'anima elettronica del duo inglese, ma ingloba un approccio ruvido e hardeggiante. Non proprio l'episodio vincente del disco, ruolo per il qualche concorrono invece la successiva "
Could You Bid Me Farewell", una vera scorribanda in territori Hard & Heavy e la conclusiva e inquieta titletrack, che si stacca completamente dal mood del disco cui da titolo. Una canzone meno diretta e muscolare degli altri episodi (più vicini a band come Pretty Maids, Hinder, Hardcore Superstar o ai già citati Hell In The Club) e fortemente articolata, concettuale direi, dato che suscita la sensazione di muoversi attraverso un inquieto campo di battaglia.
I'm a fake?
No. Complimenti. I was born to
reviewHear me while I
write... none shall hear a lie
Report and
interview are taken by the will
By divine right hail and
write
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