Diventa sempre più complicato (e avvincente) valutare la produzione di
Neal Morse. Se non si conoscesse il suo illustre passato, tutte le volte si potrebbe pensare di essere al cospetto dell'album prog "definitivo". Poi però bisogna fare i conti con la realtà dei fatti, e i fatti sono che l'artista americano, da parecchi anni a questa parte, ha definito con precisione il bacino di influenze da cui attingere per la composizione di un nuovo full-length (in altre parole, non voglio banalizzare, ma "la minestra" è sostanzialmente sempre quella).
Mike Portnoy aveva preannunciato un disco "di cui essere orgogliosi", così come aveva "messo in guardia" rispetto al fatto che si sarebbe trattato di un doppio CD (prepotentemente tornati di moda negli ultimi mesi, a giudicare dalle più recenti uscite dei vari Metallica, Iron Maiden, Dream Theater, ma non solo), il che avrebbe richiesto un "impegno" particolare da parte dell'ascoltatore per il suo pieno apprezzamento.
"The Similitude Of A Dream" è un concept album incentrato sul libro di
John Bunyan "Il Pellegrinaggio Del Cristiano" (
"The Pilgrim's Progress"), opera del 1678 che narra il viaggio spirituale di un uomo dalla Città Della Distruzione ("City Of Destruction") verso un luogo di salvezza e libertà (chiamato "Celestial City").
Senza fare un "track-by-track" di questo corposo lavoro (106 minuti di musica), è fuori discussione che il risultato finale suoni 100(0)%
Neal Morse ("complice", forse, anche il concept a lui estremamente congeniale) in tutte le sue sfaccettature: reminiscenze transatlantiche (
"Long Day", con gli archi che ricordano l'incipit di
"Duel With The Devil", o
"The Dream", una
"We All Need Some Light" 2.0), fughe strumentali che ormai dovrebbero avere il copyright dell'artista (
"Overture", "We Have Got To Go", "The Road Called Home"), rimandi più o meno celati alla carriera solista (
"City Of Destruction" sembra uscita da
"Sola Scriptura" mentre
"The Slough" e
"Slave To Your Mind" sembrano tracce bonus di
"?"), momenti epici e teatrali (
"Breath Of Angels" o la conclusiva
"Broken Sky/Long Day (Reprise)") e omaggi appassionati e sinceri ai grandi del passato (i Beatles con una spruzzata di ELP in
"The Ways Of A Fool", i Supertramp in
"Shortcut To Salvation", gli Zeppelin in
"The Man In The Iron Cage", gli Who in
"I'm Running", CSN&Y in
"Freedom Song" e, un po' a sorpresa e non so quanto consapevolmente, i Dream Theater di inizio millennio in
"The Battle").
Un album così denso ed elaborato, per i motivi di cui sopra, può ragionevolmente muoversi in un range di voti che vanno dal 6 al 10, ma veniamoci incontro e cerchiamo di essere pratici usufruendo di una specie di quesito referendario (che in questo periodo casca pure a fagiolo):
-
"The Similitude Of A Dream" è un bel disco? Sicuramente sì.
- È scritto bene? Senza dubbio.
- È suonato bene? Manco a dirlo (
Eric Gillette in particolare è davvero un fenomeno).
- È prolisso? Probabilmente sì, ma è comunque abbastanza eterogeneo da risultare accettabile.
Alla luce di tutto questo,
oggettivamente, come si fa a dare meno di 8? Non si può.
"That's all folks".