Nel 1994 i Demolition Hammer tornano sul mercato col proprio terzo ed ultimo album.
La formazione si presenta notevolmente rivoluzionata in seguito alle defezioni di James Reilly (chitarra) e Vincent Civitano (batteria). Mentre il primo non è sostituito da nessun nuovo membro, alle pelli è arruolato Alex Marquez. Steve Reynolds (basso/voce) e Derek Sykes (chitarra) invece, sono rimasti al proprio posto.
A cambiare, però, non è solo la formazione. Il gruppo, infatti, abbandona la strada percorsa fino ad "Epidemic Of Violence" per approdare a sonorità nettamente più in linea con le tendenze del periodo, di fatto tramutandosi in un emulo dei Pantera.
Il risultato di questa deriva artistica è un album che può stare benissimo tra "Vulgar Display Of Power" e "Far Beyond Driven", l'unico problema è che un lavoro simile non aggiunge nulla a quello che già il gruppo texano faceva all'epoca, di conseguenza "Time Bomb" da l'idea di essere un disco preconfezionato e scritto a tavolino nel tentativo di far emergere i Demolition Hammer nel panorama metal che una dozzina d'anni fa andava per la maggiore.
Il risultato, tuttavia, è quello di un album derivativo nel quale è palese il fatto che i componenti suonino col freno a mano tirato.
Le chitarre e le sfuriate di batteria dei primi due dischi sono un ricordo, sostituite da riff nettamente meno dinamici e veloci, che basano il loro impatto principalmente sulla pesantezza sonora per mezzo di un’accordatura più crossover che thrash.
La situazione è anche peggiore se si passa ad analizzare la batteria, che rispetto a "Tortured" o "Epidemic" è quasi completamente svuotata del proprio valore, anche a livello produttivo, in quando i suoni di cui godeva Civitano erano ben superiori a quelli con cui si è espresso Marquez, che in ogni caso viaggia ben sotto ai propri standard, ascoltare i Malevolent Creation per credere.
Alla fine della fiera, quindi, "Time Bomb" è un disco assolutamente trascurabile che ha la pecca di aver abbandonato tutto il meglio che i Demolition avevano creato fino a quel momento, in virtù di 11 pezzi che non tentano nemmeno di distinguersi con un minimo d’originalità all'interno di un genere già abbastanza abusato.
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