Una crescita musicale e strumentale costanti, unite alla volontà di progredire di album in album: sostanzialmente questo il fil rouge che accomuna tutte le uscite sotto il monicker
Death, creatura del geniale
Chuck Schuldiner, vero enfant prodige del death metal. Se già con il precedente "Spiritual Healing" il mastermind del gruppo aveva denotato la volontà di rendere più complessa ed articolata la propria proposta musicale, lo step successivo non poteva essere che una prosecuzione in tal senso per il platter seguente: Schuldiner sente quindi la necessità di circondarsi di musicisti di primissimo livello (senza nulla togliere a tutti i musicisti che lo hanno affiancato nei primi tre album), e chiama alla sua corte il talentuoso bassista
Steve Di Giorgio (Sadus, Autopsy), il funambolico drummer
Sean Reinert (Cynic) ed il chitarrista
Paul Masvidal (Cynic), ognuno dei quali contribuirà in maniera determinante alla realizzazione di
"Human" del 1991: il disco può considerarsi come quello della "svolta progressiva", in cui il gap tecnico/strumentale nonchè compositivo con i capitoli precedenti dei Death è davvero marcato, mostrando un approccio decisamente più maturo e complesso al death metal, che sfocia in brani dominati da soluzioni intricate e da passaggi strumentali da brividi, non lesinando tuttavia sulla cattiveria e sull'impatto esecutivo. Strepitosa la prova dietro le pelli di Reinert, in grado di arricchire notevolmente le otto canzoni che formano la tracklist con soluzioni di grandissimo gusto (in particolare stupisce l'uso dei piatti), mentre le asce di Schuldiner e Masvidal si intrecciano in passaggi da brivido, in particolare su "Secret Face". Come sempre per ogni uscita dei Death, è difficile stilare una classifica dei brani più rappresentativi di "Human", anche se canzoni come "Suicide Machine", "Together As One", "Lack Of Comprehension" (per cui i Death realizzano anche il loro primo video ufficiale), "Flattering Of Emotions" e "See Through Dreams" sono propbabilmente tra i più noti del combo floridiano. Anche a livello di tematiche il disco segna un punto di svolta, abbandonando ogni sorta di atrocità degna di qualsivoglia horror movie di serie B e virando su temi più esistenzialisti ed intimi.
Annoverato tra i prime movers del death metal, Chuck Schuldiner manipola la sua creatura portando il genere su territori e a livelli che nessun altro ancora aveva esplorato. E se questa non è una prerogativa dei geni, allora ditemi voi cos'è.