Copertina 10

Info

Past
Anno di uscita:1997
Durata:53 min.
Etichetta:Roadrunner
Distribuzione:Warner

Tracklist

  1. TEN TON HAMMER
  2. TAKE MY SCARS
  3. STRUCK A NERVE
  4. DOWN TO NONE
  5. THE FRONTLINES
  6. SPINE
  7. BAY OF PIGS
  8. VIOLATE
  9. BLISTERING
  10. BLOOD OF THE ZODIAC

Line up

  • Robb Flynn: vocals, guitars
  • Logan Mader: guitars
  • Adam Duce: bass
  • Dave McClain: drums

Voto medio utenti

The More Things Change...The More They Stay The Same”, più le cose cambiano più restano le stesse. Il titolo del secondo album dei Machine Head contiene in sé tanto le premesse quanto le conclusioni della filosofia della band.
Rispetto al precedente “Burn My Eyes”, i riff di Logan Mader si fanno ancora più cupi e gli accordi sono ribassati come le corna di un toro pronto alla carica. Il groove che trasuda dai solchi di questo disco è animalesco, bestiale, gonfio che sembra voler esplodere da un momento all’altro. Ed esplode, in pezzi come “Ten Ton Hammer”, “Struck A Nerve” e soprattutto la bestiale “Take My Scars”, il cui stacco centrale, nel quale Robb Flynn quasi rappa in modo brutale, è uno dei più violenti e pesanti mai suonati.
Il qui presente è uno dei dischi più violenti, brutali e monolitici mai creati, tutto giocato su una rabbia accecante, dilaniante, satura, granitica. Eppure non disdegna momenti più riflessivi e cupi, come nell'inizio di “Down To None” o la seconda parte del disco che assume un mood che, pur restando rabbioso e crudo, è oscuro, e parlo del trittico finale “Violate”, “Blistering” e “Blood Of The Zodiac”. Pesante e claustrofobico sono altri due aggettivi che ben si adattano a questo album.
Con questo disco si può parlare finalmente di post-thrash (o nu-thrash se vi garba), è il thrash che si aggiorna ai nuovi dettami del suono americano, apre alle contaminazioni e sfoga in un solo bestiale e disumano urlo tutta la sua rabbia. I Machine Head, pochi lo capirono (ma i più lo avrebbero capito col disco successivo), mostrarono a tutti le loro radici, rappresentate da una parte dalla Oakland violenta, delle gang e delle sparatorie che facevano da contorno al quotidiano della band, e dall’altra dall’esigenza di fare proprie quelle radici attraverso la contaminazione, e la versione limitata del disco contiene una cover di Ice-T, “Colors”, guarda caso un rapper.
E come non citare la clamorosa “The Frontlines”? Su un riffing circolare si innesta un magma ribollente di note di basso che dà il là a patterns ritmici di chitarra brutali e inarrestabili che, quando sembrano voler scemare, riprendono con ancora più carica e vigore. Una canzone che dal vivo porta direttamente all'annichilimento completo della platea.
Molti non riescono ad andare oltre la terza/quarta traccia di questo disco, sembra di ingoiare un lingotto d’acciaio, confezionato abilmente, come il precedente disco, a livello di produzione da Colin Richardson (con Andy Sneap al mixing). A tutt’oggi questo disco rappresenta la colonna sonora di un ordinario giorno di urbana violenza in uno dei tanti sobborghi dell’America, pisciando sulla tomba del sogno americano che aveva illuso negli anni '80. “The More Things Change” suona come la risposta metal al grunge e dà inizio, insieme a Korn, Deftones e Fear Factory al fenomeno Nu Metal.
Nel 1997 nessuno suonava come i Machine Head, nessuno poteva avvicinarsi a un monolite di disperazione come questo disco, disco che genererà molte polemiche tra chi si aspettava un continuo del disco precedente e chi invece lo salutò come una ventata di novità nel panorama metal.
A parere di chi scrive questo è uno dei dischi fondamentali degli anni '90 e un termine di paragone per chiunque, indipendentemente dal genere, voglia provare a suonare musica pesante.

Recensione a cura di Luigi 'Gino' Schettino

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