Martin Bengtsson è passato dai climi torridi degli Armageddon (con loro ha inciso, nel 1997, "Crossing the Rubicon") e degli Arch Enemy (prendendo parte a "Stigmata" del 1998) ad un più orecchiabile e classico Power Metal, quello degli esordienti
Lechery. Per l'occasione Bengtsson ha inoltre messo da parte il basso a favore della chitarra, prendendosi anche cura, in maniera tutto sommato discreta, delle parti vocali, ambito dove è subito evidente come Bengtsson ricordi (o perlomeno cerchi di ricordare...) non poco Blackie Lawless, completando la formazione con Fredrik Nordstrandh (chitarra), Martin Karlsson (basso) e Robert Persson (batteria), musicisti con i quali aveva già collaborato in diverse occasioni.
"Violator" snocciola, via via, una sfilza di brani che non si discostano molto da quanto proposto da formazioni che battono sentieri tutto sommato simili, come ad esempio Hammerfall e Dream Evil ("Hero of the Night"), WASP ("Attraction") ed Accept ("Your Fate"). Talvolta, volutamente o no, le citazioni sono lampanti, come avviene ad esempio per "Come Alive": un riff letteralmente scippato a "Two Minutes to Midnight", qui incrociato allo stile tipico dei WASP, peraltro con risultati gradevoli. Lo stesso si può dire del pulsare di brani come "I Am the One", "Slave Under Passion" o "Cynical" (con in evidenza il drumming di Persson), peccato che l'album non sempre riesca a mantenersi su questi livelli, proponendoci pure robusti, ma scontati, episodi quali "What Burns in Their Eyes" e "Why" (tra quelli più vicini alle sonorità Hard Rock) o la conclusiva "Open Your Eyes", immancabile ballad, pulsante e grintosa quanto si vuole, eppure sempre ancorata ai soliti schemi.
Schemi con i quali i Lechery non hanno grosse difficoltà ad entrare in sintonia, tuttavia per il momento Bengtsson e soci non sembrano ancora in grado di dargli un tocco personale o quantomeno di "scuoterli" un po'.
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