Quill, The - Hooray! It’s a Deathtrip

Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2003
Durata:52 min.
Etichetta:SPV
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. SPINNING AROUND
  2. NOTHING EVER CHANGES
  3. COME WHAT MAY
  4. TOO CLOSE TO THE SUN
  5. HAND FULL OF FLIES
  6. AMERICAN POWDER
  7. HAMMERHEAD
  8. GIVER
  9. MAN POSED
  10. BECAUSE I’M GOD
  11. CONTROL

Line up

  • Magnus Ekwall: vocals
  • Christian Carlsson: guitar
  • Roger Nilsson: bass
  • George Atlagic: drums

Voto medio utenti

I The Quill sono giunti all’apice del processo di maturazione artistica, perciò ora agiscono con piccoli colpi di cesello per rendere perfetta ed inconfondibile la loro immagine.
Partiti molti anni fa come entusiasti epigoni Zeppeliniani, cresciuti attraverso la rinuncia alle tastiere ed alla svolta “stoneggiante” di quel “Silver haze” che resta il loro album più compatto e duro, approdati ad una label importante sviluppando la struttura delle canzoni e smussando gli spigoli aguzzi, oggi sono concretizzati in una splendida e navigata hard/heavy band capace di musica intrisa nell’antica magia rock, le buone vibrazioni alle quali troppi hanno rinunciato per pigrizia o perché ormai persi nei loro incubi tecnologici.
Il quartetto di Malmo sentiva di potersi migliorare nel segno della continuità, perciò non ha azzardato operazioni rischiose restando legato al discorso iniziato con “Voodoo caravan”, ma ha lavorato profondamente sull’identità dei brani recuperando quella creatività che impedisce di adagiarsi nell’aurea mediocrità.
Il nuovo disco, corredato di bizzarro titolo e cover piuttosto inquietante, conferma gli spettacolari mid-tempo hard articolati e passionali e le sontuose melodie che rigenerano la grande tradizione seventies, ma si addentra frequentemente nel territorio psichedelico con echi spaziali sognanti e delicati, atmosfere ariose che rendono il prodotto assai più colorito e fantasioso rispetto all’album precedente.
Perfetti e lucidi sia nei passaggi impetuosi e corazzati che riallacciano contatti con l’area stoner, sia nei rallentamenti dilatati di pura e raffinata drammaticità sui quali pesano molto Led Zeppelin e Black Sabbath della maturità, gli Svedesi ci consegnano un opera ricca di forza ed emozione che ribadisce le condizioni essenziali alla musica heavy di classe: calore, versatilità e sentimento.
L’eccellenza esecutiva dei The Quill non si discute, la loro sezione ritmica è la più richiesta in ambito heavy/stoner e troviamo da tempo la coppia Nilsson-Atlagic impegnata con formazioni del calibro di Spiritual Beggars e Firebird. L’elasticità poderosa messa in mostra nei concentrati assalti di “Nothing ever changes” e “American powder” ne spiega chiaramente il motivo.
Il reale motore del gruppo resta comunque l’axeman Carlsson, il suo tocco sposa l’esuberante improvvisazione dei campioni seventies con la concreta essenzialità tagliente contemporanea. Strepitoso architetto di strutture da brividi, sia che scelga un robusto rifferama classico e potente come in “Spinning around”,”Giver”,”Because I’m God”; sia che si ammorbidisca nelle numerose variazioni psych fino alla vetta del mantra vellutato “Man posed”, brano di elegante bellezza.
Lo ritroviamo originale e brillante nell’esotica parentesi orientaleggiante “Hands full of flies”, dove si ricorre ad un arcaico sitar, poi emulare il Page elettroacustico del terzo capitolo in “Hammerhead”, ed ancora intensamente lirico e poetico nell’onirica “Control”, affascinante per il suo solismo liquido.
A completare il tutto c’è la prestazione come sempre eccelsa di Magnus Ekwall, ormai noto come uno dei migliori vocalist della scena attuale, un carisma interpretativo che timbra inconfondibilmente le canzoni e stabilisce la diversità dei The Quill dai meccanici esecutori di routine.
Senza eccessi o forzature e senza deviare dal proprio percorso, il quartetto Svedese fornisce un’altra prova maiuscola.

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