Grylle - Les Grandes Compagnies

Copertina 6,5

Info

Anno di uscita:2019
Durata:78 min.
Etichetta:Antiqrecords

Tracklist

  1. EN LA FOREST DENNUYEUSE TRISTESSE
  2. LES DERNIÈRES FÉES DE FRANCE
  3. FRANCE, QUI TE VEULT MAL?
  4. GOTHIQUE ANJEVIN
  5. HOMMAJE A LA POMME DE PIN
  6. LOZ EN CROISSANT
  7. QUE CHAQUE UN SONJE A SE POURVOIR!
  8. LES GUERRES PICROCHOLINES
  9. QUAND JE BOIS DU VIN CLAIRET
  10. LE PACTE DES VILLES
  11. WIR ZOGEN IN DAS FELD

Line up

  • Hyvermor: vocals, bass, drums, flutes, psalterion, luthe, santoor
  • Griesche: vocals, flutes

Voto medio utenti

I francesi Grylle definiscono la loro musica "Medieval Black Metal" e lo fanno, a mio parere, con molta fantasia.
La mancanza della chitarra elettrica, sostituita da una serie di strumenti folkloristici, già di per se ci rende arduo classificare "Les Grandes Compagnies" all'interno del genere metal, figuriamoci nel Black. Vero è che l'uso predominante delle harsh vocals rende questo album in qualche modo estremo, ma, nella sostanza dei fatti, siamo al cospetto di una proposta dai forti connotati folk che ci garantisce un bel viaggio indietro nel tempo verso un'epoca immaginaria che, tuttavia, è legata al presente pur mantenendo quell'alone di antichità che solo il trascorrere dei secoli può garantire.
Ai Grylle non manca, credo lo abbiate capito, una buona dose di originalità, così come non manca loro il coraggio di tirare fuori un album che dura oltre un'ora nella quale, su una solida base ritmica, si alternano, come vi dicevo più in alto, tanti strumenti folk che danno vita a brani vivaci, malinconici, dal sapore aspro e antico, capaci di suggestionare e mantenere viva l'attenzione dell'ascoltatore che avrà la sensazione di trovarsi nel bel mezzo di una fiera medioevale all'interno della piazza centrale di un castello.
"Les Grandes Compagnies" è un album molto diverso da un qualunque album metal: solo chi è aperto ad ogni sonorità lo potrà trovare interessante, solo chi è disposto ad osare, forse, potrà esserne affascinato e viaggiare al suono delle sue epiche melodie di tempi che non ci sono più.
Recensione a cura di Beppe 'dopecity' Caldarone

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