Copertina 6

Info

Genere:Power Metal
Anno di uscita:2021
Durata:46 min.
Etichetta:Napalm Records

Tracklist

  1. AWAKEN THE THUNDER
  2. BAPTIZED BY THE HAMMER
  3. ONWARD TO VICTORY
  4. HAMMERSCHLAG
  5. ATLANTIS (EPILOGUE)
  6. WE ARE THE KINGDOM
  7. INTO THE STORM
  8. ASHES TO ASHES
  9. IN THE NAME OF THE HAMMER
  10. KINGS OF KINGS
  11. HOLY (OUTRO)

Line up

  • Gladius Thundersword: bass
  • Dolph A. Macallan: drums
  • Gino Wilde: guitars
  • Titan Fox V: vocals, guitars

Voto medio utenti

Altra band Power, altri martelli. Non so per quale malsana idea vadano tanto di moda nel metal, ma dopo gli Hammerfall, i Gloryhammer, ecco tornare gli Hammerking, che freschi di un contratto con la Napalm Records, pubblicano il loro quarto full lenght omonimo. L’ispirazione a band come i sopracitati Hammerfall e Gamma Ray, con riff che puntano sull’aggressività stile Grave Digger, hanno portato gli Hammerking a farsi un certo nome, ma spiace dire che questo nuovo lavoro non conferma le buone aspettative, seppur dannatamente prevedibili, che i precedenti album avevano instaurato, specialmente dopo il buon “Poseidon Will Carry Us Home”.



Si spalanchino le porte del metallo perciò, perché in questa nuova uscita gli Hammerking cercano di premere l’acceleratore su venature più epiche, ma è il contorno il problema, cori su cori sterili e inoffensivi, e riff che vorrebbero sembrare battaglieri che ma che, nella stragrande parte dei pezzi, non lasciano nulla.

Fortissimi i richiami agli Hammerfall, e non solo nella voce molto simile di Patrick Fuchs a quella di Joacim Cans, ma nella struttura di molti pezzi. Sono conscio che questo costante paragone possa risultare eccessivo, ma risulta veramente difficile non riconoscere questa analogia sentendo le svariate “Hammerschlag”, “Baptized By The Hammer”, o “Into The Storm”, quest’ultima infarcita di coretti alla “oooh oooh” con un riff molto Running Wild. A volte l’eccessiva melodia viene stemperata da una vena più aggressiva, come in “Awaken By Thunder” o “In The Name Of The Hammer”, ma è un aggressività apparente. Al contrario degli svedesi però, gli Hammerking decidono di non mettere in questo lavoro nessuna ballad, ma se il risultato devono essere pezzi davvero banalotti come “Ashes To Ashes” o “We Are The Kingdom”, dove con il dizionario dell’ABC manowariano si riesce a comporre anche il testo più elementare, avrei decisamente gradito enormemente una ballad di 7 minuti e passa.

“Hammer King” è un disco che arriva con parecchi stenti a una sufficienza strappata, dove le idee riciclate di molte altre band del passato emergono prepotentemente. Nessuno straccio di originalità, neanche minima, il che da un certo punto di vista non è proprio un male. Ma vi sfido a dare un ascolto a questo disco, e rispondere alla domanda “Cosa vi ricordate di questo album?” a fine anno. Penso però di avere già la risposta.

Recensione a cura di Francesco Metelli

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