Copertina 6,5

Info

Anno di uscita:2022
Durata:41 min.
Etichetta:Prophecy Productions

Tracklist

  1. SIRENS NOCTURNE
  2. LOWLY WEEP
  3. UNBOUND
  4. WHERE THE DEVIL WAITS
  5. LOVE'S SUDDEN DEATH
  6. THE SEAS
  7. IMMORTALS
  8. FEAR NOT, MY KING

Line up

  • Jayn Maiven aka Darkher: vocals, guitars, bass, production
  • Christopher Smith: drums
  • Arianna Mahsayeh: cello
  • Melanie Chaplin: cello
  • Lambert Segura: violin

Voto medio utenti

Una volta ancora, in questo 2022 sinora così interlocutorio a livello discografico, mi trovo a plaudere alla scelta di un titolo che calza alla perfezione sull’opera che rappresenta… anche se forse non nel senso auspicato dalla band.

Già, perché l’impressione che ho ricavato dagli ostinati ascolti del nuovo full length dei Darkher è proprio quella di aver assistito ad un sabba in cui veniva evocata una oscura entità silvana, tanto suadente quanto pericolosa. Al tempo stesso è come se, dopo averla convocata, le streghe avessero deciso di tenerne a freno i dirompenti poteri attraverso un giogo magico, comprimendo così gli istinti più primigeni ed animaleschi della creatura.
Così, la suggestiva immagine della tempesta seppellita finisce suo malgrado per fotografare un platter sin troppo etereo, sospirato e contemplativo; un platter votato in modo pressoché esclusivo ad un meditabondo folk / drone dai toni pagani e rituali, tanto zeppo di fascino grezzo nelle premesse quanto incompiuto e compassato nel risultato pratico.

Se volessimo lanciarci in un parallelismo cinematografico, potremmo inquadrare “The Buried Storm” alla stregua di un horror atmosferico con una splendida messinscena, una fotografia da applausi, un cast d’eccezione, un feeling da brividi… in cui, tuttavia, non succede mai granché.
Si badi: non parlo certo di logore evoluzioni slasher o beceri ricorsi al jump scare, ma di svolte nella trama e di trovate di sceneggiatura capaci di tenere sempre alta l’attenzione nonostante i ritmi narrativi blandi.
Tanto per capirci: prendete “The VVitch” di Robert Eggers… e troncate gli ultimi 20 minuti. Il nuovo album dei Darkher, alle mie orecchie, suona grosso modo così.

Peccato, perché di ottimi spunti, come ad esempio nello spettrale arrangiamento di “Fear Not, My King”, nel macabro incedere di “Love’s Sudden Death” o nelle funeree linee vocali di “Lowly Deep”, se ne rinvengono eccome.
Peccato solo per un andamento sin troppo uggioso, frenato e privo di strappi, sia dal punto squisitamente ritmico che emotivo. Andamento che rischia di rendere un prodotto comunque di qualità come “The Buried Storm” poco più che il mero accompagnamento di una buona lettura o di una suggestiva passeggiata nei boschi.

Attendo dunque la convocazione al prossimo sabba, cari Darkher. Vi prego, però: stavolta cercate di renderlo un pelo più movimentato.
Recensione a cura di Marco Cafo Caforio

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