Nazionalità svedese, campo d’azione l’
hard melodico, plausibili riferimenti artistici Europe, Treat, Dokken e H.E.A.T. … con questi presupposti, tutt’altro che inusuali, mi ero a suo tempo accostato al lavoro dei
Wildness con una certa “circospezione”.
Poi, la deontologia “giornalistica” mi aveva “imposto” una maggiore applicazione ed ecco che grazie a “
Ultimate demise” ho finito per aggiungere tutti i loro dischi alla mia collezione (ebbene sì, sono ancora uno di quelli che non si accontentano della “musica liquida”).
Ora, con siffatta consapevolezza mi appresto ad affrontare il nuovo “
Avenger” e dopo una serie piuttosto consistente di ascolti, mi sa tanto che mi toccherà ancora una volta investire sulle fatiche discografiche di questo valente quartetto scandinavo.
Tutto questo preambolo per tentare di spiegare come nella musica dei nostri non ci sia nulla di veramente “sorprendente”, almeno se non considerate tale la capacità di rendere assai coinvolgente e godibile un canovaccio stilistico ampiamente collaudato.
Tecnica strumentale eccellente, una voce sufficientemente duttile e parecchio espressiva e poi, soprattutto, una certa perizia nel trattare la sostanza melodica, innervandola ad arte con opportune inoculazioni di vigoria, sono le “armi” con le quali i
Wildness riescono ad allettare gli estimatori del genere, compresi quelli più dubbiosi e magari pure un po’ “fiaccati” dalle innumerevoli riproposizioni di formule musicali largamente sfruttate.
Prendiamo “
Wings of fire”, “
Crucified” e “
Broken heart”, la terna introduttiva di “
Avenger” … difficile non venire aggrediti da una serie di nobili “rimembranze” di fronte alla miscela di evocativa melodia ed equilibrata aggressività che contraddistingue i brani, eppure finire per esserne anche irrimediabilmente conquistati appare l’unica conclusione possibile.
In realtà, a ben sentire, in “
Crucified” affiora anche uno
zinzino della seduttività dei Ghost, la stessa che ritroveremo, in maniera persino più definita e impastata con scorie
Ozzy-esche, in “
Poison ivy”, a dimostrazione che i
Wildness ce la mettono davvero tutta per trovare il modo di adescare l’uditorio.
Una tipologia di lusinga che in “
Caught up in a moment” si tinge di crepuscolari e decisi colori
adulti, con la splendida “
Wasted time” piazza un elegiaco rampino dritto nei sensi dei
melomani e nella grintosa
title-track dell’opera tenta di aggiungere pure i
metal-heads meno estremisti alla platea dei sedotti.
Uno sforzo apprezzabile, e tuttavia maggiormente convincente quando viene riproposto in “
Stand your ground”, brano in cui l’ardore
Malmsteen-iano appare abbastanza efficace e ben metabolizzato.
Un'altra suggestiva esplorazione nelle inquietudini notturne dell’
AOR intitolata “
I'll be over you” e le raffinate cromature soniche di “
Eye of the storm” ampliano la quota di belle canzoni dalle connotazioni “tradizionali” presenti nella raccolta, mentre “
Walk through the fire”, con il suo arrangiamento enfatico, si rivolge principalmente a chi predilige l’approccio alla materia di “gente” come Eclipse e Seventh Crystal.
“
Avenger” è dunque un albo “ruffiano” e parecchio incline alle citazioni, che però piace e non stanca, confermando come l’ambizione prioritaria dei
Wildness sia quella di soggiogare un
parterre di
rockofili ampio e variegato tramite una forma intrigante di conformismo espressivo, lasciando ad altri l’onere di aspirare ad analoghi risultati attraverso l’originalità della proposta musicale.