Tornano gli
Allegaeon ma stavolta, lo fanno senza vestire i panni della semplice rivelazione, bensì, quelli di una band ormai matura divenuta, album dopo album, una certezza assoluta della scena estrema.
The Ossuary Lens, rilasciato dalla
Metal Blade Records, rappresenta il settimo sigillo discografico per il combo statiunitense.
Si tratta dell’ormai consueto lavoro di classe, a cui la band ci ha abituato in questi ben 17 anni di onorata carriera; lasso di tempo in cui, gli
Allegaeon hanno deliziato i nostri palati con dischi, a dir poco, fenomenali, quali
Formshifter o il precedente
Damnum, ma soprattutto, con l’inarrivabile
Proponent For Sentience che, per quanto mi riguarda, rappresenta il loro apice compositivo.
The Ossuary Lens non fa eccezione rispetto ai suoi predecessori; è un album brillante, tecnicamente ineccepibile, in cui, melodia, feroci sfuriate musicali e sentimento, riescono a convivere all’interno dello stesso quadro, incastonato, a sua volta, dentro una solida, ma eterogenea, cornice metallica dove, melodic death (vedasi
Chaos Theory, Carried By Delusion, Dark Matter Dynamics o la trascinante
Imperial), technical (spiccano, su tutte, le cervellotiche
Driftwood e
Dies Irae) , progressive (si pensi a
Wake Circling Above, oppure alla conclusiva
Scythe) e anche un pizzico di metalcore (
The Swarm), generano un turbinio di forme e colori differenti eppure, tra di loro, armonici.
Il disco infatti, pur essendo estremamente variegato, riesce, in ogni istante, a mantenere la propria identità e un suo equilibrio. Suona decisamente compatto ma, al tempo stesso, elegante, grazie ad una fitta densità sonora, rotta da accattivanti ed improvvisi squarci melodici che suscitano emozioni genuine.
Sono principalmente le chitarre di
Greg Burgess e
Michael Stancel a tracciare le coordinate da seguire, ma a dare sostanza è naturalmente la sezione ritmica, sempre dinamica e ordinata (nonostante qualche momento volutamente schizofrenico), affidata a
Brandon Michael (basso) e
Jeff Saltzman (batteria).
Va tuttavia riconosciuto che, rispetto al passato, le composizioni della band sono diventate più asciutte, generando un full-length diverso dai suoi predecessori; più breve ma, non per questo, superficiale o meno intenso. Anzi, sotto questo aspetto, si ha la netta sensazione che gli
Allegaeon, con il passare del tempo e grazie all'esperienza accumulata, abbiano affinato le proprie abilità di scrittura, riuscendo a concentrare il loro messaggio musicale in pochi minuti, eliminando inutili orpelli, ma limitandosi all’essenziale, circoscrivendo la loro arte a ciò che ritengono veramente indispensabile, senza tuttavia snaturarsi, mantenendo delle strutture compositive complesse e in continua evoluzione, di chiara matrice progressiva.
Probabilmente, l’unico “neo” di
The Ossuary Lens è rappresentato dal ritorno, dietro al microfono, di
Ezra Haynes (uscito dalla band nel 2015) a cui personalmente, preferivo Riley Mc Shane, ma sono dettagli, e inoltre probabilmente, sono anche uno dei pochi a pensarla cosi.
Perciò, in conclusione, chiamatelo come volete...technical-death, prog-melodeath, extreme progressive o, se preferite, in mille altri modi, ma la sostanza non cambia: gli
Allegaeon, anche a sto giro, hanno fatto centro, riuscendo a regalarci l’ennesimo album veramente bello e dimostrando, una volta ancora, tutta la loro classe in fase compositiva (su quella esecutiva, nessuno potrà mai obiettare).