Nella proliferazione di ristampe e “riesumazioni” varie che caratterizza la già piuttosto “asfissiante” discografia contemporanea si fa sempre più fatica a raccapezzarsi e individuare chi veramente meritava una doverosa riscoperta, ma in questo senso possiamo tranquillamente considerare la
Pride & Joy Music, con la sua sezione dedicata
Classixx, un’autentica sicurezza.
Il quindicesimo volume di tale divisione conferma le suddette certezze, permettendo agli estimatori del
rock melodico di fare la conoscenza con i
Sacred Season, gruppo tedesco nato nel 1986 e giunto, dopo varie traversie, al debutto eponimo soltanto nel 1994, un momento storico non particolarmente favorevole a sonorità ereditate da REO Speedwagon, Toto, Alien, Journey e Zeno.
“
Sacred season”, pur ispirato dai “classici”, si rivela un
album sorprendentemente “maturo”, forte evidentemente della gavetta che la
band di Raisdorf aveva maturato negli anni, riuscendo così a sfornare una dozzina di canzoni parecchio piacevoli nella loro avvolgente e irretente essenza melodica.
Pilotata dalla voce cristallina di
Marco Schultz, l’opera esordisce in maniera assai adescante grazie alla
verve pomposa di “
I won't forget”, ottima
opener nonostante un’abbastanza incomprensibile conclusione faceta e
funk-eggiante.
Con “
Only for you” e “
Kawa / Taking the last breath” i
Sacred Season scandagliano con esiti molto soddisfacenti il lato più languido del loro animo artistico, un’indole che si ripete nelle pulsazioni crepuscolari di "
Loose my pride”, "
The chance” e “
Take away the pain”, davvero ammalianti e coinvolgenti.
Altrove, vedasi
"Change your heart” e "
Tomorrow” la
band diventa leggermente più dispersiva, mentre dimostra di saper gestire con efficacia gli scatti energici di “
Wings of love” e pure di saper trattare con buongusto le influenze Whitesnake-
esche di “
Take me home” e la grinta di “
Childhunter”, mescolandola con una certa perizia alla peculiare raffinatezza armonica.
È un’altra graziosa ballata romantica, intitolata “
I've been in love before”, a sigillare i suggestivi contenuti di “
Sacred season”, un albo che rischiava l’immeritato oblio (come il suo successore “
No man’s land” … e ne riparleremo) e che invece grazie a questa riedizione (disponibile il sole cinquecento copie … quindi affrettatevi) potrà trovare un’adeguata collocazione nelle preziose collezioni discografiche dei cultori del genere.
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