Sailor Free - Spiritual Revolution Part. 3

Copertina 8

Info

Genere:Prog Rock
Anno di uscita:2025
Durata:41 min.
Etichetta:Tide Records

Tracklist

  1. SPIRITUAL OUVERTURE III
  2. INCOGNITO
  3. ALL I NEED
  4. THE GHOUL WITHIN
  5. SO BEAUTIFUL
  6. NOT FOR ME
  7. LET ME IN
  8. DISAPPEAR
  9. GAMBLING
  10. THE WATCHER

Line up

  • David Petrosino: vocals, piano, keyboards, guitar, bass
  • Stefano "The Hook" Barelli: guitar, backing vocals
  • Stefano Tony: percussions, backing vocals
  • Alphonso Nini: bass
  • Luca Calabrò: guest on drums
  • Stefano Falcone: guest on drums
  • Cecilia Amici: guest on backing vocals
  • Claudio Mosconi: guest on bass
  • Nando Citarella: guest on tammorra
  • Stefano Ribeca: guest on sax, low whistle, shannai
  • Brian Petrosino: guest on keyboards, backing vocals

Voto medio utenti

Ci son cascato di nuovo … e no, non mi riferisco al “temerario” testo di un personaggio che solamente chi è affetto da otopatologie degenerative può definire un “genio” della musica contemporanea.
La mia ammissione di “colpevolezza” riguarda il nuovo capitolo della trilogia “Spiritual revolution” dei Sailor Free, ancora una volta (era già successo con i primi due …) “sfuggito” al mio attento monitoraggio della scena locale, con un particolare focus riservato a quegli artisti che considero particolarmente significativi e propositivi.
Per chi, come il sottoscritto, ammira il prog-rock “mutante” (anzi, siamo di fronte a uno dei pochi casi in cui la definizione “art-rock” è pienamente calzante …) dei romani fin dagli esordi, tale mancanza di attenzione è davvero “inspiegabile” e solo un pronto recupero della situazione può in qualche modo emendare l’insopportabile “senso di colpa” che mi attanaglia.
Il tutto, per di più, alla luce del fatto che, come prevedibile, l’albo è un’altra straordinaria commistione di suoni, inquietudini e visioni, capaci di attingere dal prog, dalla dark-wave, dalla musica elettronica e dal grunge, confermando quella vena ispirativa eclettica e “libera” che nel tempo ha saputo rinnovarsi pur conservando un’innata coerenza espressiva.
Atmosfere sonore impregnate di umori diversi e arrangiate con la consueta ricchezza strumentale vi faranno balenare nella memoria lampi di Pink Floyd, Depeche Mode, Porcupine Tree, Bowie, Ultravox e A Perfect Circle, ma la realtà è che per i Sailor Free ribadire la propria “diversità” è un’esigenza primaria che l’opera trasmette fin dal primo contatto.
Nelle pieghe di un viaggio sempre emotivamente intenso e “imprevedibile” (una cosa di questi tempi veramente insolita …) troverete i chiaroscuri e gli impeti improvvisi di “Incognito”, le fosche e pulsanti orchestrazioni di “All I need”, l’enfasi cupa e visionaria di “The ghoul within” e ancora una ballata avvolgente e “spigolosa” dal titolo “So beautiful”, il tutto miscelato in un crogiolo di note e suggestioni perfettamente equilibrato e incisivo.
In mezzo a tanti fantomatici “progressisti”, alla prova dei fatti spesso prolissi e presuntuosi, David Petrosino e i suoi sodali si qualificano anche quando raccolgono in maniera più esplicita l’eredità dello psych-prog e di certo kraut-rock nel clima melodrammatico e nelle scorie esotiche di “Not for me”, mentre con “Let me in” l’esposizione sonora si arricchisce di immaginifiche nevrosi elettroniche, di un tipo che verosimilmente piacerebbero persino a Trent Reznor.
Le architetture musicali al tempo stesso ardite e adescatrici di “Disappear” (il break di sax è da “brividi” …) sanciscono ulteriormente la superiorità ispirativa di una formazione che in “Gambling” si affida nuovamente a un registro stilistico drammatico, mistico e solenne e con lo strumentale “The watcher” trasporta l’astante in un soffice universo disseminato di ipnotiche fluorescenze, un ambiente perfetto per soddisfare le esigenze sensoriali di tutti gli psiconauti all’ascolto.
Intrigante e “spiazzante” per tensione e alterità, “Spiritual Revolution part. 3” conferma l’essenza artistica di una band che si distingue per virtù specifiche, cultura e creatività, per nulla arrendevole alle “mode” … una rarità, insomma, di cui “dimenticarsi” è davvero inqualificabile.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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