Nel nuovo album degli
Ujig la componente jazz è particolarmente marcata, così come spicca il contributo del chitarrista
Marco Leo a discapito del collega e pianista
Edoardo Maggioni.
Se nell’introduttiva
“Deedoo” (impreziosita dalla tromba di
Lorenzo Cimino) sembra evidente l’influenza di Brad Mehldau, nella successiva
“Make Make” è difficile non pensare agli interscambi tra Pat Metheny e Lyle Mays, come è impossibile non riconoscere Esbjörn Svensson tra i solchi di
“All The Things It Is” (con il guest
Fabrizio Bosso) o di
“Zorua”, le due uniche tracce con minime concessioni elettriche.
“Maybe” è più personale, soffusa e lisergica, mentre il finale è lasciato all’emozionante
“Sema Bayez” (squisitamente interpretata dalla cantante
Paola Folli), che sembra proiettare Herbie Hancock nel nuovo millennio prima delle armonie avventurose di
“Prospettive”.
Avvolgente, ma un tantino soporifero.
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