"Mai del tutto morti"Frase che racchiude meravigliosamente lo spirito che c'è dietro i
Pagan Altar, e in special modo il chitarrista
Alan Jones, rimasto come unico membro della vecchia lineup, e portatore delle atmosfere e dell'anima di ciò che era la band e della sua figura principale, ossia
Terry Jones, scomparso nel 2017 e di cui le ultime prove sono sul penultimo album del gruppo 'The Room Of Shadows' di quello stesso anno. Un percorso certo non facile, sia per la scelta di un nuovo vocalist, che per il portare avanti un progetto che è venuto a mancare di una personalità così forte (nonostante venga detto che molte delle composizioni sul disco siano le ultime di
Jones), e la cui sostituzione 'necessaria' avrebbe potuto portare a discussioni e animosità tra i fan e i musicisti, come spesso avviene in questi casi. Partiamo però col dire che su
'Never Quite Dead', che tra l'alto si fregia dell'ingresso di Denis Schneider, chitarrista, la magia non sembra essersi interrotta, anzi.
Seppur con un inizio abbastanza travolgente, con la frizzantina
'Saints And Sinners', che sembra uscita da un disco anni 70', con un ritornello molto semplice ma accattivante, è andando avanti che il suono distintivo dei
Pagan Altar diventa sempre più presente e ossessivo.
'Well Of Despair' è una bellissima marcia malinconica guidata dalla voce acuta di
Brendan Radigan (Sumerlands) e da parti acustiche che sembrano aprire dolcemente i cancelli dell'inferno, raggiunte sul finale da un assolo di rara bellezza. Con la doppietta
'Madame M'Rachael' e
'Madame M'Rachael's Grave' si ha nuovamente la dimostrazione di come la band abbia diverse sfaccettature, passando nuovamente nel primo caso in un pezzo totalmente acustico dove leggere linee di basso e di tastiere introducono inizialmente
Radigan, per poi trasformarsi in brevi ma intensi momenti dove sono gli strumenti a toccare le corde dell'ascoltatore. Nel secondo caso, si torna un heavy metal di stampo classico con un ottima prova dietro le pelli di
Andy Green. L'intermezzo
'Westbury Express' pensa poi ad introdurre la canzone più lunga del lotto,
'Kismet', una vera e propria summa di tutto ciò che si è ascoltato fino a quel punto e dove, nuovamente e specialmente nella seconda parte, sono le chitarre a dare tutto il pathos necessario, senza nascondersi tra musica di facile appiglio, usa e getta, di cui ci si ricorda più per il gossip che per altro.
No cari amici,
'Never Quite Dead' è la dimostrazione, ancora una volta, di come l'apparenza significhi poco, e conti solo ciò l'onestà di trasmettere la propria passione in musica. Ci vuole concentrazione, fatica, tempo, ma i risultati come in questo caso sono emotivamente straordinari. Viene difficile spiegarlo a parole, perciò seguite il mio consiglio: ascoltate con calma questo nuovo lavoro dei
Pagan Altar, e non vi pentirete del viaggio... o dei molteplici viaggi...
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