Alcuni si spingono a chiamarla
New Wave Of Nu Metal e sebbene dubiti istintivamente di questo tipo di iperboli, accolgo con favore il rientro nelle scene di un genere che nei suoi rappresentati migliori ha davvero saputo “rivoluzionare” il
rock, esaurendo però (anche a causa di una indiscriminata sovraesposizione, come spesso accade in settori musicali ad elevato impatto commerciale …) repentinamente la sua spinta creativa.
Tra i protagonisti di tale ritorno (tutto da verificare in fatto di tenuta e diffusione, in un mondo della musica dominato dall’effimero …) ci sono sicuramente i
Tetrarch, formazione americana che già con i precedenti “
Freak” (2017) e, soprattutto, “
Unstable” (2021) ha saputo riportare in auge sonorità in grado di mescolare
metal,
hip-hop, elettronica,
dark-wave ed
hardcore, ammantandole di un senso di rabbia, angoscia e catarsi particolarmente adatte ai tempi che stiamo vivendo.
Il nuovo “
The ugly side of me” è un ulteriore passo verso una gestione matura e consapevole della suddetta materia sonora, avendo ben chiaro l’insegnamento di Disturbed, Korn e Linkin Park, da applicare senza sterili pantomime a composizioni sempre piuttosto incisive e coinvolgenti.
È forse proprio un maggiore influsso della
band di
Mike Shinoda e del compianto
Chester Bennington (uno dei principali modelli canori, assieme a
Jonathan Davis, dell’ottimo
Josh Fore) a distinguere l’albo dal suo predecessore, sostenendo, così, un processo di “accessibilità” sviluppatosi nel tempo senza per questo ridimensionare il coefficiente di potenza e di tensione espressiva.
Con la chitarrista
Diamond Rowe (qui anche cantante in un paio di pezzi) che giustifica coi fatti l’attenzione riservatale da
media e addetti ai lavori, il disco irrompe nei sensi con un travolgente incrocio Korn / Disturbed denominato “
Anything like myself”, e francamente è difficile immaginare un’apertura migliore se amate questi suoni.
In “
Never again (parasite)”, cantata a due voci, ai
Maestri di Bakersfield si aggiunge la trasmissibilità melodica dei Linkin Park, e una situazione analoga si ripresenta nella più pesante, elaborata e marziale “
Live not fantasize” (con tanto di
guitar-solo vagamente
Morello-esco), perfetta per estendere i dovuti elogi anche alla sezione ritmica
Lerner /
Limas.
Le scansioni sincopate di “
Erase” accenderanno nuovamente l’interesse di tutti i
fans di
David Draiman & C., mentre “
The only thing I’ve got” appare adatta alle programmazioni radiofoniche in cui trovano spazio
hit tratti da “
Hybrid theory” e “
Meteora”.
“
Best of luck”, “
Crawl”, e, ancor di più, le terremotanti e striscianti “
Cold” e “
Headspace” sono esempi vividi di come l’eredità Korn-
iana non sia stata sperperata da un gruppo che nella
title-track (con la
Rowe un'altra volta coadiutrice vocale) conclusiva dell’opera si conferma abilissima nel concentrare inquietudini e affabilità.
Ripartire da
band di notevole valore come i
Tetrarch, per proseguire in un percorso artistico interrotto troppo presto e troppo bruscamente, potrebbe veramente condurre alle soglie di un “
nuovo metallo” … per ora “accontentiamoci” di “
The ugly side of me” che assimila e restituisce in maniera estremamente efficace e convincente tutti gli elementi costitutivi del settore.