Gli
Anheim sono una Black metal band tedesca formatasi nel 2020 in Baviera. Al momento la loro discografia vede all'attivo la pubblicazione di un EP e un paio di full-length:
“Anihorim” (2022) e
“Die Welt die wir begruben” (2025) – quest'ultimo in uscita in questi giorni di luglio.
Con
“Die Welt die wir begruben”, gli
Anheim si confermano una realtà in piena evoluzione: un black metal piuttosto melodico, attraversato da tonalità epiche e spunti altisonanti che ne dilatano la portata, sempre declinato in una chiave moderna, senza però mai cadere nel suono di plastica o in soluzioni posticce.
Il cuore dell’album è una stratificazione complessa di riff dissonanti, atmosfere di fondo e strutture intrecciate che richiedono più ascolti per essere assimilate davvero.
A tratti emergono echi delle dissonanze e dell’approccio convulso dei
Deathspell Omega, pur senza spingersi mai fino a sonorità così dure e atonali, restando dunque ancorati a un black metal di matrice più tradizionale – vicino anche alla scuola dei
Blut Aus Nord – e ai
Dissection nelle fasi al confine con il melodic death.
Non mancano passaggi che rievocano le derive più sperimentali degli ultimi
Lunar Aurora o dei
Nagelfar, mentre le linee più "dolci" ricamano armonie capaci di mitigare le tensioni, spostando l’ascolto, in certi frangenti, su un piano quasi onirico.
Il tutto è permeato da un pizzico di tonalità mistica, quasi religiosa, che traspare nelle linee corali, nei passaggi più solenni e nell’alternanza di chiaroscuri che sanno evocare un senso di ritualità sotterranea.
L’album funziona: è un ottimo prodotto, ben strutturato, denso di textures atmosferiche e passaggi armonici che si intersecano con gusto.
La band dimostra un potenziale evidente, che forse sarà capace di maturare ancora di più nei lavori futuri. Probabilmente si avverte ancora un certo grado di acerbità: in alcuni momenti le composizioni, pur affascinanti, tendono a dilungarsi e a perdersi, appiattendo l’impatto iniziale.
Ma si tratta di sfumature: la sostanza c’è, l’identità pure.
“Die Welt die wir begruben” è un viaggio stratificato fra armonizzazioni, contesti "dissonant" e ombre: un labirinto nero che non svende la propria anima alla modernità ma la contamina con equilibrio.
Un disco che si lascia scoprire ascolto dopo ascolto, pur correndo il rischio di stancare chi cerca impatti più frontali e diretti… che comunque non mancano (sia chiaro!).
Recensione a cura di
DiX88
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