Sei
album senza la benché minima flessione espressiva, fedeli ad un approccio “classico” e raffinato alla dottrina
hard-prog.
Un traguardo che dovrebbe inserire i
Graal tra i migliori propugnatori di questi suoni e che invece ho l’impressione non sia adeguatamente considerato dal pubblico di riferimento, soprattutto da quello italiano, spesso ancora troppo esterofilo.
Ciò detto, non mi rimane che illustrare perché questo loro sesto albo, titolo “
Swan song”, si aggiunge felicemente ad una discografia dal valore artistico costantemente piuttosto elevato.
I capitolini possiedono una dote abbastanza rara e veramente discriminante per chi frequenta lidi sonori così conosciuti e consolidati, quelli, nello specifico, che hanno reso Deep Purple, Magnum, Demon e Uriah Heep autentici “monumenti” del genere: sanno scrivere e interpretare belle canzoni, “familiari” nella forma ma assai coinvolgenti nella sostanza.
Cultura e sensibilità rappresentano ancora una volta le principali contributrici di un
songbook concepito ed esposto con maestria e dinamismo, aspetti che intridono l’albo fin da "
Land of truth”, brano che, dopo l’
intro “
To the lake”, aggredisce i sensi di tutti i
musicofili che non hanno mai smesso di considerare i Deep Purple un immarcescibile modello a cui riferirsi nell’ambito del cosiddetto “
rock duro con tastiere”.
Un riferimento da onorare e non da “scimmiottare”, forti di un’ispirazione che rende la melodia portante di “
Life goes on” un’autentica delizia
cardio-uditiva, da esibire come uno degli
highlight della raccolta.
“
The best is yet to come” è una gradevole ballata dai contorni
rootsy, ma francamente preferisco i
Graal quando impartiscono alla nobile materia una maggiore “densità”, vedasi la fumosa “
Tears of rain”, o laddove abbandonano le languidezze per impegnarsi in un pulsante e mutevole inno denominato “
Freedom for sale”.
Arrivati allo strumentale “
Galway road”, ad emergere in modo netto è un’altra “specialità della casa”, e cioè la capacità di avvolgere i dogmi dell’
hard-rock nelle esalazioni barocche del
folk, un orientamento stilistico che diventa ancor più fascinoso e compiuto se mescolato con le scorie
prog di “
Wrong or right”, se reso sinistro nella impetuosa “
Sabba (le streghe)” o ancora se dipanato lungo i meandri acustici della Jethro Tull-
esca “
Northern winds”.
A completare il soddisfacente ascolto di “
Swan song” ci pensa, infine, prima dei suggestivi sussurri dell’
outro “
Off the lake”, “
I want your fire”, un’altra arguta elaborazione a largo spettro (digressioni
funky comprese) dell’arte
Porpora, assimilata dai
Graal con la classe e l’eclettismo che già da “qualche” tempo li contraddistingue in maniera inconfutabile … non resta che “accorgersene” e garantire loro il doveroso credito.
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?