"Metal Lords": lunga vita agli Skullfucker!

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Pubblicato il:15/04/2022
Non di soli capolavori si vive: nel cinema, così come nella musica e nella letteratura, da sempre applico la strategia dell’alternanza tra opere auliche ed altre dal piglio leggero e disimpegnato.
Così, dopo aver completato la visione de “Il Re”, ottima ed ambiziosa rivisitazione dell’“Enrico V” di Shakespeare, ho sentito l’esigenza di stemperare con qualcosa di più abbordabile. Proprio in quei giorni, guarda caso, approdava su Netflix la nuova creatura del duo David Benioff e D. B. Weiss, che la maggior parte di voi ricorderà per la fruttuosa esperienza con “Il Trono di Spade”.

Quindi eccoci alle prese con un nuovo dark fantasy ricco di cospirazioni, sesso e battaglie?
Non proprio…
In realtà, il film diretto da Peter Sollett è ambientato ai giorni nostri, e potrebbe venir catalogato alla stregua di un teen drama dalle tinte comiche condito con la nostra salsa preferita, ossia quella metallica.

Le tematiche, senza sviscerare la trama, le avrete già intuite, visto che sono pressoché ineludibili in questo tipo di pellicola: superamento degli stereotipi, progressiva accettazione di se stessi e degli altri, comprensione del vero significato dell’amicizia, percorso di maturazione volto al superamento di steccati ideologici auto-imposti… Tutto ciò viene veicolato attraverso il rapporto fra due migliori amici, che suonano nella medesima band (gli Skullfucker), uno dei quali (il chitarrista) appare da subito come il tipico defender oltranzista ed intransigente, mentre l’altro (il batterista) mette in evidenza un approccio alla materia ben più casual e meno ideologico.
A complicare ulteriormente l’assunto, come immaginerete, intervengono altri elementi immancabili quali bulli, rapporti familiari complicati e fidanzate musiciste pronte a distruggere gli equilibri precostituiti come novelle Yoko Ono

Insomma, inutile girarci intorno: l’originalità della sceneggiatura non rappresenta certo la qualità più fulgida di “Metal Lords”, che tuttavia riesce comunque a farsi apprezzare grazie a personaggi principali ben tratteggiati (su quelli secondari, invece, si poteva fare qualcosa di più), ad una colonna sonora d’eccezione (cito ex multis Iron Maiden, Metallica, Judas Priest, Mastodon e Pantera, ma è davvero caruccio anche il brano inedito, “Machinery of Torment”), e ad un buon livello medio di recitazione (anche qui: bravissimi i giovani protagonisti, un po’ meno gli altri).
Non manca il cameo, invero piuttosto gustoso, di alcuni nostri beniamini musicali, peraltro tutti accorpati nella medesima scena nelle vesti di consiglieri spirituali -mini-spoiler: il più saggio è Rob Halford, ma che ve lo dico a fare?-.

Sotto il profilo della filologia metallara, poi, non si registrano marchiane incongruenze o imprecisioni tali da compromettere la verosimiglianza delle vicende narrate.
Se mi è concesso, però, una piccola critica mi sento di muoverla: capisco che il film sia prodotto, tra gli altri, anche da Tom Morello, ma inserire i Rage Against the Machine nell’elenco delle influenze di un metalhead adolescente duro e puro mi è parso un tantinello forzato. Nulla di imperdonabile, comunque sia.

Si torna infine alle considerazioni svolte in premessa: se Lev Tolstoj costituisce la lettura più leggera che vi concedete, e vi cibate esclusivamente di film d’essai cecoslovacchi, ma coi sottotitoli in tedesco -se non avete colto il riferimento verrete crocifissi in sala mensa-, lasciate pure “Metal Lords” lì dov’è.
Se al contrario vi può bastare un prodotto divertente, ben confezionato e nel complesso più che godibile, concedete pure una chance agli Scopatori Cranici (gli addetti ai sottotitoli di Netflix hanno tradotto così, che vi devo dire…)!

Articolo a cura di Marco Cafo Caforio

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