Monografia Craft

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Pubblicato il:05/05/2025
“MONOGRAFIA CRAFT”


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I Craft sono una Black metal band svedese originaria della regione di Dalarna. Formatisi nel 1994 inizialmente con il nome Nocta, cambiarono moniker in Craft nel 1998; iniziando di lì a poco a strutturare la propria identità musicale, grazie alla pubblicazione, l’anno seguente, del proprio primo demo: “Total Eclipse”.
I membri fondatori erano Joakim Karlsson (chitarra, basso), John Doe (chitarra) e Daniel Halén (batteria). Come adesso andremo a vedere nel dettaglio la loro è una forma di Black metal ortodossa intrisa di misantropia, odio, nichilismo e satanismo anticristiano, con marcate influenze provenienti da gruppi come Burzum, Darkthrone, Celtic Frost e Black Sabbath. Una proposta tradizionale che, comunque sia, non rimarrà, nel corso dei 5 LP rilasciati dai Craft, ripiegata su se stessa ma, al contrario, si protenderà verso una fusione con i risvolti dissonanti del nuovo corso della fiamma nera.


“Total Soul Rape” (2000)

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Pubblicato dalla Selbstmord Services, l’album di debutto “Total Soul Rape” è un tributo brutale alla seconda ondata del Black metal norvegese, in particolar modo alla Unholy Trinity dei Darkthrone, bensì anche alle sonorità più rallentate e opprimenti di “Panzerfaust” (1995).
Il suono è crudo ma comunque sia l’ottimo lavoro in fase di produzione riesce a rendere il disco pienamente intellegibile. Si tratta di un’opera dal sound pesante, e al contempo contraddistinta da taglienti riffs monocromatici accompagnati da una batteria prominente nel mix, oltreché dal classico scream lancinante. L’oscurità è palpabile, le atmosfere sono claustrofobiche ed estranianti, mentre le accelerazioni squarciano ogni residuo di umanità e di misericordiosa credenza. Qui dentro troverete soltanto odio, disperazione e distacco gelido da ogni forma di realtà e di relazione con il mondo… Un abbandono tra le braccia della notte eterna.
Come già accennato "Total Soul Rape" è indubbiamente un LP derivativo… oserei dire quasi un tributo ai Darkthrone… Eppure, come per magia, riesce egualmente a denotare la forte personalità del gruppo… personalità che pur restando costantemente avvolta tra le spire dei maestri, album dopo album si mostrerà con sempre più evidenza.
Poche formazioni appaiono in grado di suonare con così tanta convinzione, senza discostarsene minimamente, il Black metal nella sua forma più pura a un livello qualitativo così elevato, riuscendo, a tratti, ad emozionare quasi più degli “originali”: provare per credere.

P.S. Resta infine da segnalare che l’outro finale è opera di Shamaatae (esatto, proprio lui, il genio degli Arckanum…). A conferma, inoltre, dei legami tra i Craft e l’occultismo mistico più veritiero della scena svedese.

Voto: 8




“Terror Propaganda (Second Black Metal Attack” (2002)

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Con “Terror Propaganda”, uscito per la label italiana Southern Lord, i Craft si consolidarono e perfezionarono il loro stile rimanendo sul solco del debut, e dunque della fiamma nera più primitiva, misantropica e blasfema, presentando qui un suono ancora più ossessivo e maligno, contraddistinto da un riffing serrato e monocromatico richiamante in tutto e per tutto lo spirito di “Transilvanian Hunger” (1994), ma con un impatto forse più diretto, violento e meno “atmosferico” – sia nei riguardi del capolavoro dei Darkthrone che del loro stesso debut album “Total Soul Rape” (2000).

Voto: 8,5




[I]“Fuck the Universe” (2005)[/I]

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“Fuck the Universe”, pubblicato sotto l’egida della Carnal Records, segnava un leggero punto di svolta per i Craft, in quanto introduceva una produzione leggermente più liscia e moderna denotando inoltre un aumento della varietà ritmica, senza tuttavia trascurare l’impatto sonoro. I riffs pur restando legati alla tradizione si aprono talvolta a soluzioni dal taglio Thrash muscolare e leggermente groove-oriented.
Come si può evincere fin dall’artwork si tratta di un’opera evocativa, simbolo di una visione cosmica priva di speranza. Un disco dove gli svedesi tentano di approcciarsi a strutture più complesse ed eterogenee, compreso un certo eco Dissonant che, come abbiamo già accennato a inizio monografia, proprio in quegli anni prendeva sempre più piede. Una combinazione di ferocia, controllo compositivo, old-school e nuovo corso, realmente notevole quella sfoggiata dal gruppo ma che, tuttavia, non appariva pienamente riuscita in tutti i suoi aspetti. Ancora le “nuove idee” necessitavano di essere congiunte e amalgamate più accuratamente con la materia nera primordiale caratteristica dei primi due LP.

Voto: 7,5


“Void” (2011)


"Void" (2011)


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Dopo sei anni di silenzio discografico, “Void” rappresenta un’ulteriore evoluzione nello stile della band. Le strutture si fanno notevolmente più complesse raggiungendo perfino dinamiche Dissonant dai contorni Avantgarde (“I Want to Commit Murder” ne è un esempio calzante) e l’influenza del Black metal si fonde con elementi Post-punk/rock (soprattutto in alcuni soli piuttosto caldi) e Doom oriented, mostrando, seppur su costrutti in prevalenza lineari, ulteriori similitudini con il percorso intrapreso dai Deathspell Omega, bensì anche da realtà francesi sulla scia degli Aosoth.
L’atmosfera di insieme resta opprimente ed oscura, e le strutture ossessive, unite a una produzione che, seppur presentando suoni abbastanza corposi, risulta assai ruvida, fa sì che non venga sacrificata l’oscura malvagità tipica della fiamma nera dei primi anni ’90: stella polare che, nonostante le evoluzioni intraprese negli anni, resta il riferimento principale dell’intero percorso artistico dei Craft.
Senza ombra di dubbio si tratta dello zenit compositivo del gruppo.

Voto: 9




"White Noise and Black Metal" (2018)

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Pubblicato dalla Season of Mist, “White Noise and Black Metal” può essere considerato il punto d’arrivo della parabola dei Craft; benché al contempo non rappresenti la linea di vetta più alta del loro percorso artistico. L’album mantiene l’aggressività tipica del gruppo ma ne espande sempre di più l’orizzonte sonoro, grazie a una produzione gelida e cristallina, a supporto di composizioni più dinamiche che si inoltrano nei sentieri di riffs dissonanti e ossessivi, oscillanti tra momenti veloci e altri più lenti e atmosferici; portando dunque a compimento un percorso che si è disvelato release dopo release quasi fin dagli albori della loro carriera.
In questo – allo stato attuale – ultimo atto, gli svedesi dimostrano ancora una volta la loro capacità di evolvere senza snaturarsi, creando qui strutture più complesse ed intricate forse su una via – riferendosi non tanto al sound ma allo stile compositivo – leggermente più conservativa del precedente “Void”; benché nell’insieme risulti un prodotto più articolato e dalle costruzioni caratterizzate da una certa tendenza – mai esasperata – a dinamiche Progressive. Rappresentando, dunque, un buon compromesso tra tradizione oscura, nera, nerissima, e raffinata innovazione.

Voto: 8




NOTE CONCLUSIVE


Nel corso degli anni, i Craft hanno mantenuto una posizione appartata ma influente nel panorama della fiamma nera. A differenza di molte formazioni coeve, non hanno mai rincorso mode o contaminazioni superficiali. Hanno invece portato avanti una visione coerente e radicale, evolvendosi in modo misurato e sempre fedele ai propri principi estetici.

Dopo l’uscita di “Fuck the Universe” (2005), la band ha affrontato una breve pausa a causa dell’abbandono del batterista Daniel Halén. Questo non ha tuttavia segnato la fine del progetto: nel 2011, infatti, i Craft tornarono con una formazione rinnovata, accogliendo anche Alex Purkis al basso e Dirge Rep (ex-Gorgoroth, ex-Enslaved) come batterista session; mentre nel seguente "White Noise and Black Metal" (2018) fu chiamato come membro esterno per ricoprire il vacante ruolo alle pelli Daniel Moilanen (Katatonia, Runemagick, ecc.ecc.). Allo stato attuale, invece, come batterista viene accreditato il nome di Pär Johansson (ex Diabolical).

La loro importanza non risiede esclusivamente nella qualità musicale, bensì anche nell’integrità ideologica. I Craft hanno contribuito a mantenere viva l’eredità del Black metal scandinavo degli anni ’90, senza cadere nella caricatura né nella ripetizione sterile. Il loro approccio misantropico e anticristiano, e al contempo moderno, ha ispirato numerosi gruppi della seconda generazione della seconda ondata del Black metal: tanto in Europa quanto in America, risultando, soprattutto in ambito svedese, insieme a Funeral Mist, Watain, Ofermod, Armagedda e Ondskapt tra i nomi di punta delle “nuove leve”.

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Articolo a cura di DiX88

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