Inevitabile, in questi anni di grandi e gloriosi ritorni, che anche i Black Sabbath tornassero sul mercato con un nuovo cd. Certo, beghe legali impediscono a Iommi & co. di utilizzare il glorioso moniker, e quindi eccoli qui come
Heaven & Hell, ma è solo una questione burocratica. Nella sostanza questi sono comunque i Black Sabbath, quelli dell’era Dio, riunitisi nella formazione che diede nuova linfa vitale, nei primi anni ’80, alla band, dopo la fuoriuscita di zio Ozzy. Dopo il tentativo, nel ’92, di ricreare le magiche alchimie che diedero vita a “Heaven and Hell” e “Mob rules” con la pubblicazione di “Dehumanizer”, e le immancabili successivi liti, ora pare che le cose vadano finalmente per il verso giusto, e i due baffuti più famosi del mondo rock riescono a convivere con Ronnie James Dio senza problemi di sorta. Almeno per ora, poi si vedrà. Intanto, dopo le fortunate tournee degli scorsi anni, ecco che finalmente questo “The devil you know” vede la luce. O sarebbe meglio dire il buio… La band fin dalle prime note di “Atom & evil” mette subito le cose in chiaro, con un pezzo doomissimo che più doom non si può. Pachidermico, roccioso, ma soprattutto ispirato, con Ronnie James come sempre gran cerimoniere, e Iommi a tessere riff incredibili. Ancora più incredibili se pensiamo che stiamo parlando di un distinto signore di oltre sessant’anni!! “Fear” tiene alta la tensione, con un mid tempo dal sapore molto epico e sinistro, e il solito ottimo lavoro di Iommi, sia in fase ritmica che solista, e Butler che nell’ombra demolisce tutto con un suono micidiale e corposissimo. La classe non è acqua, inutile girarci intorno… Le atmosfere diventano più rilassate e sognanti con la successiva “Bible black”, classica semi-ballata sui generis, generata dalla chitarra acustica di Iommi e dalle melodie vocali di Dio, molto ispirato ed epico come non mai, che poi muta forma in un altro roccioso mid tempo. In ricordo dei vecchi(ssimi) tempi andati, e quindi di “N.I.B.”, è il basso ipnotico di Butler ad introdurre “Double the pain”, episodio leggermente meno ispirato dei suoi predecessori, e forse anche più lontano dallo stile della band. Il livello torna ad alzarsi con “Rock and roll angel” (la parte centrale mi ha ricordato un po’ la vecchia “Die young”), anche se la verve iniziale va leggermente scemando. Per fortuna ci pensa “The turn of the screw” a risollevare le sorti di un disco che stava pericolosamente rischiando di calare, con altri riff di quelli che solo Iommi è capace di partorire. È incredibile, ma nonostante l’età il gentleman della sei corde è ancora fantasiosissimo e dimostra di essere ancora una spanna sopra la media dei giovani chitarristi di oggi, sia per esecuzione che per stile. Un grande… Non poteva mancare un pezzo un po’ più veloce, come da tradizione, ed ecco quindi arrivare “Eating the cannibals”, divertente intermezzo che però porta alla luce un Vinnie Appice leggermente sottotono, e qui la mancanza della potenza e della fantasia di Bill Ward si fa sentire tutta. Sempre in alternanza, dopo la lentissima “Follow the tears” torna un up-tempo, “Neverwhere”, brano tutto sommato orecchiabile, prima che uno dei veri masterpiece dell’album irrompa in tutta la sua bellezza: “Breaking into Heaven”. E qui, come una sorta di anello di congiunzione, si torna al doom più funereo, e ci si riallaccia a “Atom & evil”, che aveva aperto l’album… Brani come questi fanno impallidire tutti i discepoli del Sabba Nero… Candlemass, Cathedral, non ce n’è per nessuno quando la nera penna di Iommi è così velenosa… Cosa altro aggiungere? “The devil you know” è un album possente, con dei suoni cristallini e potenti, antico ma moderno al tempo stesso, che ci ripropone una band assolutamente pungente, che ha voluto dimostrare, a sessant’anni suonati, di essere ancora in cima alla vetta dell’hard rock e, perché no, anche del metal. Non è un caso che dai riff di Iommi e Butler tutto sia nato quarant’anni fa. E non è un caso che ancora oggi i Black Sabbath (o Heaven & Hell, chiamateli come preferite) siano ancora qui a dettare legge. Un album di sicuro non fondamentale, ma altrettanto sicuramente al di sopra della media delle uscite di questi ultimi anni, sia da parte delle nuove leve che dei grandi vecchi (Iron Maiden e Judas Priest su tutti, che hanno pubblicato due dischi assolutamente non a questi livelli). Il Sabba Nero è tornato. Rispetto!