Presto sui vostri schermi la fiction "Primigenia", incentrata sulle avventure di cinque amici che formano una band intenzionata a rinverdire un sound basato sul Metal Classico, ma talvolta tentato da un approccio melodico alla Scorpions e Bon Jovi, e che nel giro di un anno si ritrova in studio a registrare il proprio album d'esordio... e qui avviene l'inaspettato incontro con il growler di fiducia di In Flames, Dark Tranquillity e At The Gates, il quale, entrato nella sala d'incisione sbagliata, appone il suo marchio ai pezzi degli
8-Point Rose.
Quasi tutto vero, se non che i passaggi in scream e growl sono in realtà appannaggio dei due chitarristi del gruppo, rispettivamente Alexander Timander e Adam Johansson, che si affiancano al vocalist di ruolo, il bravo Marcus Nygren.
La cosa funziona discretamente sulla potente opener "Resolve", un po' meno nel prosieguo del disco, dove l'accostamento di Heavy, Power & Melodic Metal, AOR e qualche vago accenno Progressive a delle extreme vocals, non sempre funziona, come ad esempio nel caso di "Out of the Shadows", brano dove incrociamo anche uno dei vari guest musicians che sono intervenuti ad impreziosire l'album, nello specifico caso Peter Grehn, chitarrista dei Morgana Lefay.
I suoni sono comunque eccezionali, ben pompati e nitidi, e si fanno apprezzare vari spunti qua e là, come le riuscite "The Shadows" (tra Rage, Kamelot ed Evergrey) e la canzone più estrema del lotto: la conclusiva "Name of Time" (con alla voce Simon Berglund, degli Zonaria); tuttavia sui tre quarti d'ora di "Primigenia" aleggiano quelle sensazioni di già sentito e sopratutto di posticcio, che inchiodano gli 8-Point Rose ad una risicata sufficienza.
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