Copertina 6,5

Info

Anno di uscita:2014
Durata:33 min.
Etichetta:Relapse Records

Tracklist

  1. TYRANNY OF WILL
  2. I WON’T GO
  3. EYEBALL GORE
  4. CLOSE TO TOAST
  5. BET ON BLACK
  6. MISERABLE FAILURE
  7. THE LIVING SKULL
  8. IN GREED WE TRUST
  9. GLOCKING OUT
  10. RAT SHIT
  11. U LOCK THE BIKE COP
  12. BROKEN BOTTLES
  13. BLEEDING FRENZY
  14. BORED TO DEATH
  15. CLASS HOLES
  16. OBSOLETE MAN
  17. NAMELESS
  18. EXIT THE GAME
  19. YOUR KIDS AN ASSHOLE
  20. PATRIOTIC SHOCK
  21. BILL OF FIGHTS
  22. CONSENSUAL HARASSMENT
  23. JUST SAY GO
  24. FOUR MORE YEARS

Line up

  • Tony Foresta: vocals
  • Landphil Hall: guitar
  • Mark Bronzino: guitar
  • Rob Skotis: bass
  • Ryan Parrish: drums

Voto medio utenti

Prima di iniziare questa recensione c’ho riflettuto parecchio. Da una parte avevo una voglia matta di incensare questo disco, dall’altra quella di stroncarlo. Com’è possibile, direte voi? Beh, se ascoltate il nuovo album degli Iron Reagan sono sicuro che vi si porrà dinanzi il mio stesso dubbio. Prima però è il caso di dare qualche cenno biografico, visto che la band è arrivata prepotentemente sulla bocca di tutti nell’ultimo mese. Nata dalle menti malate di Tony Foresta e Landphil Hall, entrambi membri dei ben più noti Municipal Waste, i nostri pubblicano, con l’ausilio di altri squilibrati provenienti da band del circuito thrashcore, un demo, un album, uno split con gli Exhumed e un EP, prima di trovare un contratto con la Relapse Records, che dà alla luce questo “The tyranny of will”.

Sbrigata la pratica cronologica, cerco di spiegarvi il motivo della mia incertezza nel valutare il disco… Se si fosse trattato di un debut album di una band sconosciuta starei quasi qui a gridare al miracolo, perché effettivamente i pezzi spaccano, thrashcore nella migliore tradizione, sulle orme di D.R.I., Nuclear Assault, Suicidal Tendencies e Cryptic Slaughter. Brani velocissimi e cortissimi, che non ti lasciano il tempo di capire cosa sta succedendo, riff semplici ma efficaci, cori in tipico stile thrash, e le urla beduine di Foresta a rendere il tutto più malato e selvaggio. I problemi iniziano a sorgere quando si riflette su chi effettivamente sta suonando, e ci si chiede: c’era davvero bisogno di questa nuova band quando i brani potevano tranquillamente andare a finire sul nuovo album dei Municipal Waste, o essere pubblicati come raccolta di inediti del passato, visto che non solo non si discostano di una virgola dalla loro proposta, ma addirittura il più delle volte ne ricalcano perfettamente le orme? L’unica grande differenza è la presenza di micro schegge di 12-20 secondi, ma per il resto siamo lì… Io sono sempre stato a favore dei side project, ma quando il senso del progetto è sperimentare soluzioni alternative a quelle della band principale. Quando così non è, qual è il senso di fare un altro gruppo che è esattamente la fotocopia del primo?

Se riuscite a rimanere indifferente davanti a questo quesito esistenziale e riuscite a non esaltarvi troppo, come ho detto prima, illudendovi che si tratti di un esordio, potete godervi un dischetto simpatico, un bell’esempio di come si suona il thrashcore. Vista la natura dell’album e la brevissima durata, non sto qui a farvi un track by track o a segnalarvi pezzi che spiccano rispetto ad altri, è praticamente impossibile, oltre che inutile. Sparatevelo tutto di fila, tanto è brevissimo, e divertitevi. Se poi, tra qualche mese, lo rimetterete ancora nel vostro lettore CD non so dirvelo, io penso di no. Senza andare a scomodare i grandi nomi del passato citati in apertura, se proprio voglio deliziarmi e scapocciare per una mezz’oretta (sì, tanto dura l’album…), metto su “Hazardous mutation” e ho di che godere…
Recensione a cura di Roberto Alfieri

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