Non è dato da sapere (anche perché sono tempi in cui effettivamente non c’è che l’imbarazzo della scelta …) cosa abbia fatto definitivamente inc … ehm, arrabbiare i
Morganha, ma ormai è ufficiale: il loro nuovo disco “Rebellion” che li riconsegna davvero implacabili e furiosi.
Con un
cocktail abbastanza oculato di Pantera, Machine Head, Sepultura e The Haunted, gli umbri tentano di fornire una loro “versione dei fatti” e se, da un lato, l’attitudine, la qualità esecutiva e sonora (ottima la produzione, curata da Francesco Riganelli e altrettanto efficace il lavoro di Simone Mularoni in sede di mixaggio e masterizzazione) non sono in discussione, rimane il dubbio di quanto possa essere proficua la scelta di puntare tutto il capitale artistico su queste efferate sonorità
groove /
thrash metal allo scopo di emergere in maniera significativa dal magmatico
underground musicale internazionale.
Abbandonate le ingenuità del passato, ora la band è una
killer machine assai determinata, attenta a non scadere mai nel mero plagio e ciononostante non rilevo nella sua proposta sonica né una particolare “personalità” né una spiccata versatilità nella scrittura, aspetti che in qualche modo potrebbero contribuire a distinguerli risolutamente dalla massa.
Rimane un monolite fatto di chitarre spietate, tempi precisi e possenti, vocals brutali e sporadici innesti melodici, amalgamato con discreta abilità e con notevole impeto interpretativo, per un quadro globale sicuramente accattivante per i cultori del genere, i quali, però, difficilmente potranno catalogare i nostri come estrosi “innovatori” del settore.
“Rebellion” sfreccia, così, su binari sicuri e ben tracciati, privo di autentici cali di tensione e capace di piazzare autentiche mazzate sulle gengive (“Old deception”, “Raining fire”, “Desecrated”, le divagazioni vagamente
thrash-core di “Shame”), lasciando altresì intravedere qualche interessante potenziale evoluzione per il futuro (le scosse di “Messiah”).
In definitiva, un’esperienza piuttosto “fisica” e coinvolgente, alla quale, per ambire a un vero “posto d’onore”, manca solo un pizzico di superiore carisma e dinamismo espressivo.
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