Ehi, sto giochetto l'avevo fatto prima io!
Benvenuti in casa
Next to None, ossia, diciamocelo subito, e non facciamo i finti ingenui e naif che mi girano le balle, LA BAND DEL FIGLIO DI MIKE PORTNOY.
Chi mai avrebbe ottenuto un contratto con InsideOut,
Bumblefoot e
Neal Morse come guests sull'album, la produzione dello stesso Portnoy per il debut album, se non fosse per il giovane Max? Che poi, per carità, sti quattro ragazzini saranno anche bravini a suonare, ma veramente, dai. Non è un album che avrei mai ascoltato, se non fosse stato per le circostanze.
E mi sembra un terribile calcio in faccia alla meritocrazia (lo ripeto per l'ultima volta, AL NETTO del valore dei Next To None, valore che ovviamente con questa partenza qua viene inevitabilmente annacquato e messo in discussione più di quanto fosse giusto o lecito). Questi ragazzi non hanno gavetta, non sanno probabilmente nemmeno come si sta su un palco; le composizioni sono un coacervo di roba raffazzonata e assemblata alla meno peggio, con una produzione che io a 15 anni manco sapevo che cosa fosse, e secondo me non lo sanno manco loro. Ah, tra l'altro, progressive metal, questo? Forse più una specie di metalcore un pò contaminato.
L'opener "
The Edge of Sanity" parte 'col botto', nove minuti e 40 di campionamenti di videogiochi, voci urlate o filtrate, Max Portnoy che si spara svisate alla ca**o senza il minimo senso della struttura-canzone. La seconda "
You are Not Me" sembra un pezzo degli Avenged Sevenfold, e fidatevi, detto da me NON è un complimento. Giù giù, via via per 60 e passa minuti. Questo è un album potenzialmente interessante di una band giovanissima e che potrebbe anche avere delle chances, ma i Next To None partono con un'enorme etichetta RACCOMANDATI appesa sulla fronte. Bene, ma non benissimo.
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