Ormai da qualche anno la scena prog-metal internazionale ha iniziato a subire scossoni che hanno lasciato segni indelebili: band come Opeth, Leprous, Tool hanno intarsiato nuove trame sonore dimostrando una volta per sempre che "tutto è possibile". In una scena così fervente, circa due anni fa, un giovane tastierista austriaco di nome
Gerald Peter ha trovato il coraggio (e la squadra) per dare vita a un progetto da tempo nel cassetto che, oggettivamente, non ha niente a che vedere con le band sopraccitate, ma ha nella sua originalità artistica il suo più grande punto di forza. Sulla carta il disco in questione è il solito "concept-album", dalla trama non proprio limpida che dovrebbe trattare di quella che viene definita dallo stesso autore "ambivalenza delle emozioni umane" (?) con tre cantanti a dare voce ai personaggi (uno maschile e due femminili). Ma a vincere questa volta è davvero la "visione musicale" di
Peter, in grado di fondere sapientemente metal, musica cinematografica, funk, musical e swing con una naturalezza davvero invidiabile. L'apertura è affidata al brano
"Overture" (sì, dal questo titolo l'originalità proprio non si percepisce, mi rendo conto) che anticipa, senza entrare troppo nel dettaglio, quello che verrà, ovvero arrangiamenti sinfonici magniloquenti e contrappunti strumentali decisamente articolati. La successiva
"The Beginning" è uno dei vertici dell'intero album, dove un cantato che rimanda vagamente ai Pain Of Salvation si appoggia a un tappeto musicale funky-disco, con sprazzi di metal e di swing. Discorso simile si può fare per
"The Run", che ha nei troppi "yeah, yeah" cantati il suo unico neo.
"The Memory Returns" è un'altra composizione ben riuscita, con un intreccio vocale molto vicino alle sonorità dei Therion.
"The Party" è un breve intermezzo non fondamentale, che prelude a
"Closing Doors" (che, per la cronaca, pare essere stato il primo vero provino dell'intera opera), un po' più lineare rispetto a quanto finora sentito ma non per questo meno riuscita. L'altro apice di
"Jeremias" è sicuramente
"New Age", il cui sviluppo rimanda ai Dream Theater del periodo "Octavarium", con un'azzeccata stesura vocale (con tanto di "leitmotiv" ad "aiutare" l'ascoltatore) e strumentale (sorprendente l'inserto "techno/nu-metal").
"Continuum", nella sua coerenza, è forse troppo lunga, ma apre il sipario alla deliziosa
"Sarah's Dream", che poteva essere una banale "ballad strappalacrime" e invece trova nei ritmi bossa-nova il suo principale motivo d'esistere.
"13th Floor", dall'incipit "burtoniano" nell'orchestrazione, è un brano piacevole ma non particolarmente rappresentativo (nonostante ne fosse stato realizzato un filmato promozionale prima della pubblicazione del disco). Il finale è affidato a
"The Nightmare", 16 minuti di epicità con vari cambi di atmosfera, assoli a profusione, il tutto comunque saldamente ancorato a sonorità metal più canoniche. Dal punto di vista della produzione c'è poco da dire, tutto è ben definito e intellegibile (qualche appunto giusto sulla batteria, un po' finta, in particolare direi che il rullante suona decisamente secco) così come sulla prova dei musicisti/cantanti coinvolti, davvero superlativa, e la grafica del corposo booklet curata in ogni dettaglio. Diciamo pure che il disco non è per tutti (79 minuti e 59 secondi spalmati su 11 canzoni, fate due conti) e di carne al fuoco ce n'è parecchia ma mi sento comunque di promuovere questo tipo di approccio un po' "folle" e consiglio vivamente il disco a chi è in cerca di qualcosa di "avventuroso".
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