Direttamente da “
The days of dream” di
Gianni Della Cioppa e ancor di più dagli “
Anni di metallo” di
Andrea Ciccomartino,
Ladies and Gentlemen: i
Messerschmitt!
Chiunque voglia vivere (o rivivere) l’epopea pionieristica del
Metallo Italiano non può prescindere da queste due pubblicazioni editoriali scritte miscelando la competenza giornalistica con l’emozione inarrestabile dei veri appassionati, e non è un caso se la formazione in questione, storica e poco fortunata agitatrice del
rockrama romano, si sia guadagnata un’importante menzione su quelle pagine così istruttive e avvincenti.
In particolare, ovviamente, i maggiori dettagli li troverete sulla minuziosa indagine svolta dal
mastermind dei Graal sulle peculiarità della “scena” capitolina, scoprendo le origini di una
band nata nei primi anni ottanta con il nome di Zellofen e che nelle sue prime incarnazioni annoverava in veste di cantante il compianto
Baffo Jorg (all’anagrafe
Giuseppe Zappimbulso), autentica istituzione tra le legioni di
metal-heads della città eterna.
Una viscerale e ispirata devozione per Saxon, Judas Priest e Iron Maiden e un sacco di apprezzate esibizioni dal vivo non furono sufficienti a condurre il gruppo oltre i limiti dell’incisione dimostrativa, e solo nei tempi recenti, dopo la
reunion effettiva del 2011 e svariati avvicendamenti in
line-up, i
Messerschmitt approdano a “vere” produzioni discografiche, con questo
live registrato al
Closer club nel febbraio 2015 a rappresentare un succulento “antipasto” in attesa di un
full-length nuovo di zecca previsto per il 2016.
Con i fondatori
Appetito e
Ciancaleoni schierati ai rispettivi “posti di combattimento”, sapientemente supportati da oculati innesti di musicisti affini alla loro “classica” visione artistica, il
Cd (autoprodotto e realizzato in collaborazione con la
Metal Zone di
Gianfranco Belisario) vi catapulterà in un appassionante calderone di
HM old school, diretto, privo di orpelli, una dimostrazione di “coerenza” che grazie al
feeling giusto (e un certo ritorno di tali sonorità …) piacerà verosimilmente anche ai meno “nostalgici”, a quelli che non hanno vissuto in prima persona le enormi difficoltà che il metallaro italico doveva affrontare negli
eighties e che ciononostante non arrestavano lo “sbattimento”, grazie all’invincibile “senso di appartenenza” che lo animava.
Riff martellanti, chitarre saettanti, basso e batteria che scolpiscono possenti ritmiche e una voce (quella della
new entry Flavio Falsone, grintoso anche nell’esortare il pubblico con un simpatico accento autoctono) piuttosto abile nell’assecondare un
songwriting abbastanza semplice e tuttavia assai efficace, sono gli elementi essenziali capaci di rendere “
Blood and tears”, “
Heroes of the rising sun (Kamikaze)”, “
The nightrunner”, la scura “
Bringer of mourning”, l’inno “
Heavy metal fighters” e il resto della
setlist momenti di “cruda verità” metallica, schietta, ficcante e coinvolgente, indifferente alle contaminazioni e alle miriadi di “specializzazioni” che il genere ha frequentato nel corso degli anni.
Un pizzico leggero di
naiveté complessiva non inficia la notevole godibilità dell’opera, consentendomi di affermare con convinzione che “
la tribù dei metallari colpisce ancora” (proprio come titolava un articolo sul
metal romano …
cfr. il già citato testo di
Ciccomartino) e sono certo che continuerà a farlo anche nel prossimo futuro.
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