Proposta a dir poco elaborata (e ancora più difficile da inquadrare) quella degli italianissimi
Fury N Grace, giunti all'ultimo capitolo di una trilogia (a detta della stessa band
"molto vaga") iniziata nel 2007.
A grandissime linee il sound dei nostri, ardito "anzichenò" (cit. Lord H. G. Wells, dall'inimitabile Dylan Dog), potrebbe essere descritto come un felice incontro tra heavy metal, doom, prog di scuola Seventies, un pizzico di teatralità e avanguardia quanto basta.
Già dall'iniziale ed elaborata
"Grand Guignol" siamo investiti dal magma sonoro sopra descritto, e a colpire, in prima istanza, è la vocalità del nuovo arrivato
Franco Campanella, dotato e versatile, tanto da ricordare in alcuni frangenti addirittura
Jorn Lande.
"The Ossuary", dalle intenzioni heavy prog, si caratterizza per la lunga coda strumentale, avviata da un riff di basso che mi ha riportato alla mente gli Area del primo periodo.
"Night Of The Mandibles" prosegue su coordinate simili, con qualche concessione melodica in più prima delle urla agghiaccianti lasciate al finale. Il breve interludio di basso
"Ultima Weapon" prelude alla titletrack, dove atmosfere funeree e apocalittiche di scuola Sentenced si fondono con sonorità memori del prog italiano di 40 anni fa (è sempre il basso a distinguersi, questa volta con alcuni fraseggi mutuati dal miglior
Patrick Djivas). In
"Dark Companions" (un minuto e mezzo di chitarra sola) c'è spazio per qualche suono di matrice ambient, prima della più pestata
"Nuove Frontiere Del Delitto".
"Gloria In Excelsis Baphometo" è caratterizzata da elementi avanguardistici più pronunciati, a cavallo tra metal, prog rock e il sax (sentito anche nella traccia d'apertura del full-length), e fa il paio con l'acustica, sperimentale (e un po' ostica)
"The Effects Of Blackness Moderated", che ha qualcosa degli ultimi Opeth. Ancora Opeth (stavolta del periodo
"Blackwater Park"/"Deliverance") nella conclusiva e inquietante
"The Secrecy Of Small Creatures With Six Legs", tra parti narrate in italiano, sfuriate heavy e momenti più raccolti.
Chiaro che per un disco come
"A Dream-Letter To The Witches Of Western Europe" l'etichetta "progressive metal" vale per quello che vale (e sicuramente lo sa bene anche la
Undeground Symphony, che parla ironicamente di
"Regressive Prog-Metal").
Abbiate coraggio e ascoltateli, senza farvi troppe domande. Ne vale la pena.
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