Tornano in pista i capitolini
Disease, cinque anni dopo la pubblicazione del precedente
"The Years of Radio Silence, con il nuovo "
Into the Red", un album che, rispetto al suo predecessore, riscopre, almeno parzialmente, l'aspetto più rabbioso, e se vogliamo estremo, della musica del gruppo.
Siamo in ogni caso lontani dagli esordi death / thrash dei Nostri e, se conoscete i
Disease, saprete benissimo che la parola "evoluzione" è quella che meglio definisce una proposta sonora in continua mutazione e che, nel caso specifico del nuovo lavoro, riesce a fondere in maniera molto intelligente elementi anche piuttosto distanti tra di loro grazie sia ad un'ottima capacità di arrangiamento, che ad una preparazione strumentale di tutto rispetto.
"Into the Red", che può essere considerato una sorta di concept incentrato su quanto sta succedendo nel mondo in questi anni, è un album di extreme progressive metal, etichetta che può accontentare chi deve per forza incasellare la musica in qualche maniera, un album, in realtà, multiforme, capace, infatti, di unire death melodico di matrice svedese, elementi prog settantiani, ampie dosi di melodia più "classicamente" metal, mai sopite tendenze verso territori post rock, ed un'anima rivolta alla soddisfazione della propria voglia di esprimersi piuttosto che a quella di accontentare il pubblico.
Proprio quest'ultimo elemento è quello che più colpisce della musica dei
Disease: è evidente, infatti, che il gruppo suona per il piacere di farlo e per dare vita alla propria immaginazione, indipendentemente dal tipo di registro espressivo usato, motivo per cui, durante l'ascolto di
"Into the Red", sarà facile passare da notevoli fughe melodiche a violente partiture estreme senza mai rinunciare ad una coerenza espressiva che si avvale, anche, di influenze provenienti anche da mondi molto lontani dal metal in generale e sempre ottimamente integrate nell'amalgama generale.
Certamente, come ogni lavoro dei
Disease, anche quest'album avrà bisogno di molti ascolti e di molta attenzione per poterne cogliere ogni dettaglio ed ogni sfumatura, ma, se avrete tempo da dedicare ad una musica "impegnativa" come questa, e se avrete la giusta apertura mentale, non farete fatica ad apprezzare un lavoro intelligente, energico, sognante e, quando serve, aspro e potente.
Ancora una volta i
Disease confermano di essere, nonostante il passare del tempo, un gruppo che ha sempre qualcosa di interessante da dire.
Non ignorateli.
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