Dio santo.
Allora,
Hjelvik è ovviamente il progetto solista di
Erlend Hjelvik, fino al 2018 voce dei norvegesi
Kvelertak, che mi sono sempre piaciucchiati un po'. Due anni lontano dalla band madre, ed Erlend mette in piedi il suo progetto, scrive una manciata di canzoni, rigorosamente a tema norreno e dintorni, assembla una band attorno a sé e si assicura un bel contratto con la potente Nuclear Blast, che inizia a venderlo in giro come il disco del secolo. Le liner notes si aprono con le seguenti parole, traduco: "
Una tempesta sta montando. Una rinascita sta avvenendo. Preparatevi per il trionfante arrivo di HJELVIK".
E poi? Un disco tutto in screaming (o quasi) che strizza l'occhio in un colpo solo ai succitati Kvelertak, agli Amon Amarth nei momenti più feroci (pochi, pochi), a Ghost per la pacchianaggine di certe strutture, ai Maiden per gli 'scippi armonici'. Una band che suona basico, composizioni di una bruttezza epocale ed un singer che non mi piace per niente, il tutto condito da autostima a seimila, un battage pubblicitario che manco i Metallica e una produzione appena sufficiente. Che bella equazione, eh? E infatti, il qui presente "
Welcome to Hel" è proprio un disco brutto, scialbo, composto da idee riciclate e raffazzonate, suonato al minimo sindacale, e composto veramente con poca sostanza.
Per quanto mi riguarda, vi consiglio di stare alla larga da 'sta roba. Oppure seguite il trend, comprate anche voi questo fantastico album, e gioite del metallo che (non) fu.
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