Con una copertina brutta che più brutta non si può, ecco improvvisamente tornare sul mercato discografico gli svedesi
Dragonland, una di quelle formazioni che sin dai primi anni del 2000 ha tentato di salire sul carrozzone del power metal che contava senza mai riuscirci, un po' per sfortuna, un po' per loro scelte sbagliate come quella di ingentilire troppo il loro sound con partiture progressive o di passare ad una label sì potente come la Century Media ma non proprio inquadrata su quel tipo di sonorità.
Pur senza mai sfornare il vero asso della manica, la band del cantante (anche batterista!)
Jonas Heidgert non ha mai composto un disco che non fosse quantomeno più che soddisfacente, con la punta del vecchio "
Holy War" del 2002, ovvero proprio il lavoro che gli permise il passaggio dalla Black Lotus alla Century Media, ed in generale l'ho sempre trovata decisamente più interessante e completa rispetto ad altre band decisamente più piatte ma di enorme successo planetario come, ad esempio, i Dragonforce, tanto per rimanere in tema di dragoni.
Dopo l'ennesimo disco discreto ma nulla più come "
Under the Grey Banner" del 2011 pensavo che l'avventura dei Dragonland fosse giunta al capolinea e quindi ho accolto con il solito sussulto di gioia questo nuovo capitolo, pubblicato ancora una volta dalla tedesca
AFM, ma conoscendoli ormai bene come le mie tasche sapevo bene che anche questa volta sarebbero incappati nei soliti errori, almeno secondo me, che li attanagliano sin da "
Starfall".
E poi basta guardare la durata: "
The Power of the Nightstar" dura ben SESSANTASEI minuti, ovvero il disco più lungo della loro discografia.
O mio Dio, si saranno divagati ancora più del solito.
"
The Awakening" è l'intro, ben due minuti: ho scosso la testa presupponendo che ancora una volta si sarebbero persi in lungaggini (oddio sempre meglio dell'intro del disco precedente "Ilmarion" che durava 3 e mezzo), cali di tensione, break poco opportuni, o aperture sinfoniche che spezzano il ritmo proprio sul più bello, insomma la solita sindrome da coitus interruptus.
Altrettanto naturalmente, "
A Light in the Dark" ci consegna i "soliti" Dragonland, quelli protagonisti delle linee vocali tra le più belle della scena, valorizzate dall'ugola d'oro di Heidgert, melodie raffinate e ricercatissime, produzione e suoni stellari, ottenuti stavolta dal grande
Jacob Hansen, tematiche stellari e sci-fi miste con quella specie di rassegnazione e maliconia nordica, come magari ci hanno (avevano) abituato i norvegesi
Keldian nei loro primi quattro album.
La seguente "
Flight from Destruction" è invece il classico brano power metal a duemila, con doppia cassa a manetta ma sempre contraddistinto dall'enorme gusto del quintetto di Goteborg, e mi sorprende che invece stavolta l'adrenalina del pezzo non sia interrotta da qualche intermezzo sinfonico come spesso ci hanno abituato in passato, mentre la successiva "
Through Galaxies Endless" è un delicatissimo mid-tempos con un'eleganza indiscutibile e nuovamente delle linee vocali che farebbero invidia a tutti ed ancora si va avanti con "
The Scattering of Darkness", anche questa davvero splendida, con inserimenti elettronici e - giustamente - di matrice sci-fi ma mai troppo invadenti o fastidiosi.
EHI, CHE SUCCEDE?!Siamo al quarto brano ed ancora la specialità della casa del
coitus interruptus non è intervenuta! Ma non voglio illudermi.
Non mi fregano."The Power of the Nightstar" prosegue in maniera indomita, certamente gli interventi "cinematografici" non mancano, anzi, ma sono inglobati in maniera migliore, non "interrompono" ma sono amalgamati insieme al brano in se', fanno da introduzione o da sottofondo ma non hanno la caratterista odiosa di sempre, ovvero quella di spezzare e frenare il momento del decollo. Ma che meraviglia anche questa "
A Threat from Beyond the Shadows" che, con interventi vocali di non so chi dato che non c'è scritto, conferma tutta la bontà di quanto detto e scritto finora.
"
Aphelion" è una strumentale di passaggio tra un pezzo e l'altro, evocativa e ben fatta, sono tre minuti che potevano anche essere risparmiati ma insomma rispetto al passato non abbiamo proprio che da lamentarci. E poi, caspita, arriva "
Celestial Squadron", ancora una volta un brano squisito, trionfante, leggiadro eppure incisivo, e noi siamo già qui a cantare insieme a Heidgert pure se non sappiamo le parole, inventandole a casaccio come quando facevamo le scuole medie, ed in tutto il brano un lieve accenno del "
coitus interruptus" dura SOLO 15 SECONDI.
15 secondi!
Negli anni scorsi sarebbero stati due minuti almeno!
Inizio ad illudermi, seriamente, anche perchè il finale con quel taglio epico degli assoli mi fa sollevare la pelle.
"
Resurrecting an Ancient Technology" (per gli amanti della fantascienza - cosa che io non sono - queste tematiche potrebbero rappresentare veramente un quid in più) non è magari all'altezza di tutti le canzoni appena passate ma rimane un degnissimo episodio, ed altri cinque minuti e mezzo sono trascorsi in maniera liscissima, naturale e priva di innervosenti orpelli. Siamo ormai giunti sul finale del disco, è il momento della title track che, come immaginavo, è un brano piuttosto diretto e forse più ordinario, ma sempre godibile e con grandi cori a suggellare il tutto, e poi "
Final Hour" che immaginavo essere dal titolo una power ballad e che invece risulta essere il pezzo più veloce e violento del disco, con quasi blast beat di batteria e tastiere protagonisti, oltre ovviamente alla voce declamante e profetica di Heidgert (ed altri ospiti) che, non so se ve l'ho detto o l'avete capito, è uno dei cantanti che preferisco in assoluto, con una melodia che levati in sottofondo ed un finale struggente che si candida ad essere tra i migliori pezzi del disco.
Un disco che è quasi terminato, manca solo la suite da nove minuti "
Journey's End" e la conclusiva "
Oblivion" ma ormai il risultato è raggiunto!
In effetti, proprio alla fine, nella suite quasi ovviamente si trovano quegli elementi che avevano contribuito a rovinare i dischi precedenti con interruzioni di sapore cinematografico, narrazioni e quant'altro nell'episodio che va a raccontare la conclusione di questo viaggio interstellare con i Dragonland ma ci sta in un brano da quasi 10 minuti, che peraltro presenta degli assoli meravigliosi ed un finale epico e finchè sono confinati a 2 o 3 minuti su 66 ci faccio la firma con stilografica d'oro!
La già citata "
Oblivion" chiude alla grande un disco che, veramente, dopo quasi 20 anni non mi sarei MAI aspettato da loro.
Finisco l'ascolto con un sorriso che manco ve lo dico, soddisfatto come se il disco lo avessi composto e suonato io che a malapena so suonare il campanello di casa mia.
Per la prima volta nella loro discografia i Dragonland non hanno compiuto l'ennesima occasione sprecata, anzi probabilmente e qui lo dico senza negarlo hanno composto il loro disco migliore di tutta la carriera: senza dubbio il più maturo e riuscito, magari escludiamo i primi due che alla fine propongono altre sonorità al di la' dei gusti personali, ma se qualcuno mi chiedesse "
cosa mi consigli di ascoltare dei Dragonland per vedere se mi piacciono?" non esiterei un secondo a consigliare questo "The Power of the Nightstar".
Ce l'avete fatta, siete dei grandi.
E sono davvero contento per voi.