VENERDI 31 LUGLIOUFOSe la giornata del Giovedì si era conclusa all’insegna delle grandi band del passato, quella del Venerdì non poteva che iniziare allo stesso modo. Un altro gruppo storico, infatti, ci aspetta sul True Metal Stage, ossia gli inossidabili
UFO, forti della pubblicazione dell’ottimo “The visitor”, uscito solo qualche mese fa. Da quando Vinnie Moore è entrato nella band sembra quasi che questa stia vivendo una seconda giovinezza, e il tutto è riscontrabile sia nei cd in studio che on stage. Durante l’esibizione si percepisce un’atmosfera spensierata e rilassata, il che, trattandosi degli Ufo, una delle band più litigiose della storia del rock, è tutto dire… Orfani del buon Pete Way, bloccato a casa per forti problemi al fegato, ci pensano i veterani Mogg, Raymond e Parker a portare avanti il buon nome della band, coadiuvati, come già accennato, dall’asso della sei corde Moore. Beh, come per gli Heaven & Hell, anche in questo caso i quasi quarant’anni di esperienza si fanno sentire tutti quanti, in positivo, ovviamente, tant’è che appare decisamente assurda la scelta di relegarli a quest’ora del mattino, in apertura di giornata… forse vista la loro storia avrebbero meritato un posto più importante in scaletta… Ma stiamo parlando di professionisti che non si pongono questi problemi, infatti la band è carica, il pubblico reagisce bene, e alla fine l’unico rammarico sarà l’esclusione della mitica “Doctor doctor” dalla scaletta. Ma se è vero che i nostri hanno dato, giustamente, ampio spazio al nuovo disco, è altrettanto vero che “Doctor doctor” non è di certo il loro unico classico, quindi i fan hanno avuto in ogni caso di che gioire, in particolare grazie ad un’ottima versione di “Rock bottom”. Che altro aggiungere… come già detto per la band di Iommi, anche in questo caso un altro colpo messo a segno dalla vecchia guardia… (Roberto “Dulnir” Alfieri)
SETLIST:
SAVING ME
DAYLIGHT GOES TO TOWN
THIS KID'S
I'M A LOSER
HELLDRIVER
LIGHTS OUT
LOVE TO LOVE
TOO HOT TO HANDLE
ROCK BOTTOMGAMMA RAYNonostante l’orario non sia dei più simpatici (14.15), mi appresto ad assistere al concerto di uno dei miei gruppi preferiti, nonché della buona parte dei metal kids presenti qui al WOA, e cioè i
GAMMA RAY. Penso che la band del vecchio zio Kai non abbia certo bisogno di presentazioni, così come è risaputo quanto divertenti e coinvolgenti siano i loro show. E quest’oggi non sono stati da meno… Fare un elenco dei classici suonati dai nostri diventa quasi imbarazzante, tante sono le canzoni memorabile eseguite: “Man on a mission”, “Rebellion in dreamland”, “Somewhere out in space”, “Heavy metal universe”, “Send me a sign”… Per non parlare delle perle tratte dal repertorio Helloween, “Ride the sky” su tutte, seguita dalle immancabili “Future world” e “I want out” e dalla chicca “Gorgar”. Altro fattore positivo è senza’altro il fatto che ormai la formazione è più che consolidata, e questo permette alla band di suonare in scioltezza, divertendosi e facendo divertire, il che per una band power metal direi che è fondamentale. E facciamo chiarezza anche sul solito tasto dolente del gruppo: Kai Hansen ha cantato bene. Preso coscienza del fatto che ormai la voce non è più quella di una volta, ha imparato a dosarla e a ‘mascherare’ bene la parti in cui non arriva più in alto come un tempo. Quindi, tirando le somme, Gamma Ray promossi a pieni voti, come accade ormai da anni ed anni. Una garanzia dal vivo… (Roberto “Dulnir” Alfieri)
SETLIST:
WELCOME
HEAVY METAL UNIVERSE / RIDE THE SKY
NEW WORLD ORDER
REBELLION IN DREAMLAND
MAN ON A MISSION
INTO THE STORM
HEAVEN CAN WAIT
TO THE METAL
GORGAR / FUTURE WORLD
I WANT OUT
SOMEWHERE OUT IN SPACE
SEND ME A SIGNNEVERMORESiamo nel bel mezzo del pomeriggio di una delle giornate più calde del Wacken quando i
NEVERMORE fanno il loro ingresso sul True Metal Stage. La calura e la fatica iniziano a fiaccare il Vostro Affezionatissimo che decide quindi di seguire l’esibizione del combo a stelle e strisce comodamente seduto ai tavoli del Biergarten in compagnia di un fesco litro di Weissbier. Grazie ai maxischermi ed all’ottima resa sonora dell’impianto audio infatti è possibile guardare il concerto anche a grossa distanza, pagando come dazio solo il lieve ritardo dell’onda sonora ed il conseguente, leggero sfasamento audio-video. Le condizioni meteo mettono a dura prova pubblico e band, la quale però non si fa spaventare e imbastisce un concerto decisamente positivo, in cui Warrel Dane e il biondo Jeff Loomis sono certamente il fulcro. Si attacca con “This sacrament”, unica concessione al repertorio pre-“Dead heart in a dead world” che personalmente trovo troppo penalizzato nella scelta delle setlist. Peccato, perché i pezzi degni di nota sono molti e sarebbe bello sentire anche una “Dreaming neon black” o una “The learning” accanto ai brani più recenti. Dane conferma di aver recuperato alla grande il controllo sulla propria ugola dopo il periodo buio dopo l’uscita di “Enemies of reality”, mentre Loomis rimane la solita macchina spara riff ed assoli velocissimi ed ipertecnici che conosciamo da sempre. Peccato solamente che non venga affiancato da un secondo axeman, che durante i suoi assoli riempirebbe un po’ il vuoto che il basso di Sheppard fatica a colmare, nonostante il volume decisamente alto. Il meglio del concerto è senza dubbio l’esecuzione delle due ‘suite’ targate Nevermore, quelle “Dead heart in a dead world” e “This godless endeavor” che rappresentano l’apice della concezione musicale nevermoriana, in grado di coniugare melodia, groove e violenza. Il pubblico mostra di gradire anche il resto della setlist, in particolare “Inside four wall” e “Narcosynthesis”, ed accompagnando Dane durante ogni singolo refrain di “The heart collector”, unico brano ‘lento’ proposto in scaletta. Il binomio conclusivo “I, voyager”-“Born” consuma le ultime energie dei presenti sotto al palco, ormai spremuti dal caldo torrido ma non per questo rassegnati a non partecipare al concerto. Insomma, quest’oggi abbiamo avuto l’ennesima conferma che i Nevermore sono uno dei gruppi leader dell’attuale scena mondiale e di come nel futuro del nostro genere preferito il loro nome non potrà non essere presente. (Michele “Coroner” Segata)
SETLIST:
THIS SACRAMENT
THE RIVER DRAGON HAS COME
DEAD HEART, IN A DEAD WORLD
ENEMIES OF REALITY
THE HEART COLLECTOR
NARCOSYNTHESIS
THIS GODLESS ENDEAVOR
INSIDE FOUR WALLS
I, VOYAGER
BORNAIRBOURNESi cambia radicalmente genere quando sul Black Stage fanno il loro ingresso gli
AIRBOURNE. Saltati agli onori della cronaca perché spinti tantissimo dalla Roadrunner come la new sensation del rock ‘n’ roll, i quattro australiani sono pronti a mettere a ferro e fuoco il palco del festival, accolti in maniera molto calorosa dal pubblico presente. Per quanto non mi convincano pienamente da un punto di vista compositivo, e il motivo penso sia abbastanza palese (per quelli di voi che non li hanno mai ascoltati, vi basti sapere che sono praticamente una copia conforme degli AC/DC, epurati, ovviamente, del talento di Angus e soci…), devo ammettere che dal vivo fanno la loro porca figura. Il loro stile diretto e senza fronzoli riesce a coinvolgere alla grande il pubblico, grazie anche alle innate doti di frontman di Joel O’Keefe, non un eccelso singer, ma un ottimo trascinatore di folle (immancabile la sua scalata sull’impalcatura che regge le casse…). Come già successo l’anno scorso al Gods Of Metal, i brani sono estratti esclusivamente dal loro debut album “Runnin’ wild”, ma hanno garantito comunque uno show molto adrenalinico, scanzonato e divertente. Ora li aspettiamo al varco per il prossimo album, per vedere se riescono a confermare quanto di buono espresso fin’ora… (Roberto “Dulnir” Alfieri)
SETLIST:
STAND UP FOR ROCK 'N' ROLL
HELLFIRE
FAT CITY
DIAMOND IN THE ROUGH
WHAT'S EATIN' YOU
GIRLS IN BLACK
CHEAP WINE & CHEAPER WOMEN
HEARTBREAKER
TOO MUCH, TOO YOUNG, TOO FAST
BLACKJACK
RUNNIN' WILD HAMMERFALLCi si sposta di nuovo di qualche centinaio di metri per tornare al True Metal Stage, e si torna di nuovo al power metal, anche se, inevitabilmente, e non me ne vogliano i sostenitori della band di Dronjak, il livello non è certo paragonabile a quello dei Gamma Ray. Sto parlando, si era capito, degli
HAMMERFALL. Era da qualche anno che non mi capitava di vederli dal vivo, quindi ero curioso di vedere se avevano ancora lo smalto di una volta. Beh, devo dire che in parte l’anno perso. Mi spiego… Tecnicamente e scenicamente niente da dire, se si passa sopra ad un Joacim Cans imbolsito e con l’eyeliner, e ad un Dronjak biondo crinito. Quello che mi ha lasciato un po’ perplesso è che durante tutta la loro esibizione ho avuto la netta sensazione che per loro si trattasse di puro lavoro. E si sa, nel lavoro la passione latita… Dieci anni fa i loro show erano divertenti e coinvolgenti, ora sono freddi e distaccati. Se si riesce a passare sopra a tutto questo, ci si ritrova comunque di fronte ad un buono show, con i brani più recenti che si amalgamano però a fatica ai vecchi classici come “Heading the call” o “Let the hammer fall”, giusto per citarne un paio. Ad ogni modo, gli Hammerfall qui in Germania vanno ancora alla grande, e il pubblico li sostiene e li osanna a dismisura. Ripeto, show ‘di mestiere’, e sinceramente da una band che dovrebbe rappresentare il futuro del nostro genere, quando i grandi del passato andranno in pensione, era lecito aspettarsi qualcosina in più. Promossi, ma con sufficienza. (Roberto “Dulnir” Alfieri)
SETLIST:
BLOOD BOUND
RENEGADE
HALLOWED BE MY NAME
LAST MAN STANDING
HEEDING THE CALL
GLORY TO THE BRAVE
LIFE IS NOW
ANY MEANS NECESSARY
RIDERS OF THE STORM
LET THE HAMMER FALL
HEARTS ON FIREWHIPLASHA questo punto arriva il momento dell’evento, almeno per me e per qualche altro centinaio di ragazzi accorsi al W.E.T. Stage, da sempre il palco più bistrattato, ma anche quello dove è possibile assistere a vere e proprie chicche da intenditori. Come, per esempio, lo show dei riformati thrashers americani
WHIPLASH. Non vi nascondo che la curiosità era molta, così come l’emozione di poterli vedere finalmente dal vivo per la prima volta. E le aspettative non sono state affatto deluse, anzi… Dinanzi a pochi spettatori (per il motivo di cui sopra…), la band capitanata dal vecchio Tony Portaro ci ha regalato una mezz’ora abbondante di vecchio e sano thrash metal, come si usava fare una volta. Inevitabile che abbiano attinto a piene mani da quel capolavoro che risponde al nome di “Power and pain”, con le varie “Stage dive”, “Nailed to the cross”, “Spit on your grave”… un delirio!!! Inutile dire che pogo e circle pit si sono sprecati durante la loro esibizione, ed era bellissimo notare sulla faccia di Tony una sorta di soddisfazione mista a stupore per l’accoglienza ricevuta. Un concerto che non dimenticherò facilmente, per l’umiltà e la bravura della band, per la contentezza e il coinvolgimento del pubblico, per l’ignoranza di chi non c’era, per il sostegno di quei pochi accorsi. Eccezionale… L’unico rammarico è che è durato troppo poco, ma forse per certi versi è stato meglio così… breve ma intenso… (Roberto “Dulnir” Alfieri)
MOTORHEADArriva anche per questa giornata il momento del piatto forte, e quindi a distanza di un paio di settimane dal concerto all’Ippodromo delle Capannelle a Roma, mi imbatto di nuovo (e per l’ennesima volta :D) nei
MOTORHEAD. Non che mi dispiaccia, sia chiaro, è sempre un piacere immenso assistere ad un loro show. La cosa meno gradevole, invece, è l’aver ritrovato, per la seconda volta di seguito, un Lemmy svogliato, quasi assente. Ora, non so se in questo periodo ha problemi di salute (neanche lui è immortale, nonostante sia sopravvissuto a tutti gli eccessi di questi anni in una maniera quasi sovrumana…), non so se si è stufato della solita routine dei live show e vuole appendere Rickenbacker e microfono al chiodo. Fatto sta che anche questa sera, come a Roma, è quello apparso meno in forma tra i tre membri. Il che è un fattore di non poco peso, calcolando il carisma e l’importanza del personaggio in questione. Per fortuna sia Campbell che il simpaticissimo Mikky Dee erano come sempre in forma smagliante, e hanno pensato loro a portare avanti lo show, in modo come sempre impeccabile e coinvolgente. E quando una band della loro portata ti spara in faccia una “Iron fist” come primo brano non ce n’è per nessuno… La scaletta è molto simile a quella di Roma, quindi, in ordine sparso, troviamo le varie “Stay clean”, “Metropolis”, “Killed by death”, “Bomber”, ma anche brani ‘minori’ che non sempre fanno parte della setlist dei nostri. Immancabili, ovviamente i momenti di gloria per Phil Campbell e Mikky Dee, con i rispettivi assoli, così come sempre da cardiopalma il finale, affidato a “Ace of spades” e l’immarcescibile “Overkill”. Il solito grande concerto dei Motorhead? Sì… Il solito grande concerto di Lemmy? Un po’ meno… Non resta che aspettare le prossime occasioni per vedere come evolverà questa situazione… (Roberto “Dulnir” Alfieri)
SETLIST:
IRON FIST
STAY CLEAN
BE MY BABY
ROCK OUT
METROPOLIS
OVER THE TOP
ONE NIGHT STAND
THE THOUSAND NAMES OF GOD
ANOTHER PERFECT DAY
IN THE NAME OF TRAGEDY
JUST 'COS YOU GOT THE POWER
GOING TO BRAZIL
KILLED BY DEATH
ACE OF SPADES
OVERKILLDOROÈ ora di mettere qualcosa sotto i denti, quindi salto quasi del tutto gli
IN FLAMES (vedrò solo gli ultimi due brani, ma vista l’evoluzione che hanno avuto ultimamente non mi dispiace più di tanto… preferisco conservare l’ottimo ricordo delle loro esibizioni di una decina di anni fa…), ma torno decisamente in tempo per assistere all’esibizione di
DORO. La bionda e lungo crinita singer è una specie di eroina qui in Germania. Ogni suo show è accolto alla grande dai kids tedeschi che la osannano a dismisura. E questa notte il rituale si è ripetuto. Mischiando per benino brani tratti dai suoi lavori solisti ai mega classici dei Warlock tipo “All we are”, “Burning the witches” o “I rule the ruins”, Doro intrattiene alla grande il pubblico, godendosi pienamente il suo momento di gloria, enfatizzato da giochi di luci, da una band che svolge ottimamente il proprio ruolo, dalla consapevolezza di essere stata posizionata in un posto di rilievo nel bill, e dal supporto di tanti suoi amici musicisti che assistono al suo show da bordo palco, o addirittura partecipano, come nel caso di Sabina Classen, da sempre grande amica della Pesch, che la raggiunge per l’esecuzione di “Celebrate”. C’è tempo anche per una simpatica cover di “Breaking the law” dei Judas Priest, prima che la già citata “All we are” concluda uno show coinvolgente e riuscitissimo. (Roberto “Dulnir” Alfieri)
SETLIST:
FÜR IMMER
I RULE THE RUINS
BURNING THE WITCHES
TRUE AS STEEL
THE NIGHT OF THE WARLOCK
FIGHT
ABOVE THE ASHES
BURN IT UP
CELEBRATE
BREAKING THE LAW (JUDAS PRIEST COVER)
ALL WE AREA questo punto decido di allontanarmi per recarmi al W.E.T. Stage. Vi chiederete perché… Beh, stando al programma, avrebbero dovuto esibirsi i
PENTAGRAM. Quale occasione più ghiotta di questa per gustarsi un’altra band storica qui al WOA? Vado di gran carriera sotto il tendone dove alloggia il palco, e quando entro trovo on stage una band dedita ad una sorta di death/thrash. Dove sono finiti Bobby Liebling e company? Beh, nonostante sul libretto ufficiale ci sia la loro foto, sul palco ci sono sì i Pentagram, ma quelli cileni, che, appunto, suonano death/thrash. Deluso ed amareggiato, decido, dopo aver visto un paio di brani, di lasciare il tendone, bestemmiando non poco. Torno verso i palchi principali, dove Doro ha già terminato il proprio show, mentre sul Black Stage è già iniziato il concerto degli
AMON AMARTH. Ancora incazzato per la delusione Pentagram, decido, dopo 3-4 brani dei vichingoni svedesi, di lasciare l’area concerti per affogare i miei dispiaceri in qualche litro di buona e fresca birra tedesca, e così mi reco al Biergarten dove raggiungo Coroner e gli altri.
Anche la giornata di Venerdì è andata, con picchi negli show degli Ufo e dei Gamma Ray, anche se personalmente, come già detto, ho raggiunto il mio culmine di godimento durante lo show dei Whiplash. (Roberto “Dulnir” Alfieri)