Era il lontano 1986 e una giovane band della Renania Settentrionale-Vestfalia aveva appena inciso un demo dal titolo 'Symphonies Of Doom'. Tre di quei quattro ragazzi, che al momento si facevano chiamare Lucifer's Heritage, non sapevano ancora cosa li stava aspettando, il destino che li attendeva: cambiare per sempre la storia del Metal. Solamente due anni dopo, gli appena nati Blind Guardian, sorti dalle ceneri dell'eredità di Lucifero, rilasciarono il primo album, 'Battalions of Fear', e da quel momento una scintilla scoccò nel nucleo fuso del metallo, un universo stava per crearsi da quella minuscola fiamma accesasi a Krefeld. Da uno schietto speed metal teutonico i ragazzi sono cresciuti, il genere è mutato, da un'embrionale esperimento si è plasmato il primo power metal di carattere epico; i testi si sono fatti via via più profondi e letterari, in 'Tales From The Twilight World' si ritrovano riuniti J.R.R. Tolkien, Stephen King, Frank Herbert, tutti al servizio di quattro uomini che hanno ben presente la loro missione...Nel 1992 viene forgiato quello che a tutt'oggi è uno dei capisaldi del Metal e della discografia della band, 'Somewhere Far Beyond' raduna ancora una volta scrittori di grande calibro, a partire dai succitati Tolkien e King si aggiungono Dick e Moorcock, ma il gruppo non è ancora soddisfatto, manca ancora qualcosa, un loro tocco più personale. Tre anni dopo avviene la vera svolta, un disco complesso, dotato di fastose orchestrazioni, preambolo delle successive uscite e di quello che oggi sono diventati i Blind Guardian e che ha un fortissimo legame con il presente: 'Imaginations From The Other Side'. Fermare la narrazione della storia dei bardi di Krefeld a questo punto potrà sembrare delittuoso, ma è necessario per entrare nel nuovo capitolo discografico della band tedesca 'Beyond The Red Mirror'
Siamo qui per parlare del nuovo album "Beyond The Red Mirror", un disco legato soprattutto nei testi a "Imaginations From The Other Side". Potete spiegare il concetto che sta dietro il full-length?
Hansi: "In questo nuovo album ritroviamo il giovane protagonista conosciuto ai tempi di 'Imaginations', in canzoni come 'Bright Eyes' e 'And The Story Ends'. Ho iniziato a pensare cosa accadde al ragazzo che, proprio in quest'ultima canzone' si ritrovò di fronte allo specchio, il quale avrebbe dovuto saltare e lasciare il suo mondo, un mondo molto simile al nostro, per diventare il prescelto dall'altra parte. Da quel punto ho costruito la storia per quest’album, che vede questo ragazzo non osare, non salta in un mondo diverso ma rimane nel suo e probabilmente diviene una persona ancora più isolata. Ho incominciato, quindi, a costruire due universi paralleli. Ho analizzato come il ragazzo è diventato un uomo lungo questi vent'anni. Ho deciso di ridare a quel personaggio la possibilità di ritornare allo Specchio Rosso, di donargli la ricerca di questo Specchio per fare quel salto che perse due decadi fa. Lo Specchio Rosso è l'unico dei portali esistenti che può portarti in questo mondo, per questo è una ricerca intima di un personale Santo Graal."
Le canzoni seguono tutte un tema ben preciso o si differenziano nel contenuto del testo?
Hansi: "Tutte le canzoni seguono lo stesso tema, ma la storia è divisa in capitoli. Ad esempio in 'Twilight Of The Gods' e 'The Ninth Wave' ho cercato di spiegare qualcosa dell'altro mondo, come questo possa cambiare in relazione alla decisione del protagonista."
Sono passati due decadi per il personaggio di "Imaginations", ma anche per la band. Come vi sentite a vent'anni di distanza e che differenza c'è fra le due release?
Hansi: "Sicuramente anche noi siamo cambiati molto, ma ci sono delle cose che sono rimaste invariate. Per prima l'intensità che abbiamo messo nel lavoro, la passione è la medesima. Il fattore che nelle canzoni che nel nuovo album è più forte è quello distopico, presente in minor parte nel disco passato e invece fulcro dell'attuale. Anche musicalmente c'è qualcosa di diverso, le due release le vedo abbastanza staccate in questo senso, qui l'elemento classico è più forte."
Siete stati influenzati anche stavolta dai grandi autori letterari, come fu in passato?
Hansi: "Stavolta sono in minor misura in maniera diretta. Stephen King è stata la principale ispirazione per quanto ha fatto con 'Doctor Sleep' (che riprende la narrazione di 'Shining' a quasi trent'anni di distanza, ndr.). È la prima opera del genere da me letta e mi ha stimolato a creare la storia per quest'album. Tuttavia ci sono moltissime influenze che confluiscono in 'Beyond The Red Mirror'. Questa volta Tolkien è presente in parte minore, però avendo letto diverse biografie sono rimasto impressionato dalla maniera in cui si relazionava con 'Il Signore Degli Anelli', od anche, in contrasto a C.S. Lewis, v'era la questione sulla creazione dell'universo. Secondo Tolkien questo doveva essere completamente logico, mentre Lewis era praticamente dell'opinione opposta. Io ho tentato di trovare il punto d'incontro fra questi due geni letterari."
Anche l'elemento orchestrale trova la sua importanza in "Beyond The Red Mirror", sperimentazione iniziata già ai tempi di "Imaginations From The Other Side". Potete parlarci di questo punto?
André: "Da quell'album abbiamo iniziato a sperimentare delle piccole parti. Poi ci siamo spinti sempre oltre sino a realizzare delle canzoni classiche che decidemmo di non includere in 'Nightfall'. Questi pezzi sono parte dell'attuale side-project orchestrale. Questa esperienza, acquisita col tempo, è comunque presente nelle release dei Blind Guardian, basti guardare pezzi come 'Sacred Worlds' e 'Wheel of Time' dello scorso album dove abbiamo collaborato per la prima volta con una vera orchestra. Naturalmente lavorare con una vera orchestra comporta maggiori problemi, una nuova, grande sfida per noi, e in 'Beyond The Red Mirror' siamo andati oltre. Nel brano 'At The Edge Of Time' abbiamo dapprima lasciato che l'orchestra suonasse da sola, per capirne la dinamica. Lasciare che essa guidi il processo è indubbiamente più complicato e necessita di una diversa predisposizione per una band metal. Questo però arricchisce sicuramente il nostro universo."
Tre cori e due orchestre di novanta elementi sono presenti in questo capitolo discografico. Come siete riusciti a trovare il giusto bilanciamento fra metal e parte orchestrale?
Hansi: "Dipende dal pezzo. Ogni strumento ha la propria ragione di essere in quel determinato punto, niente è lasciato al caso. Orchestra, band e voce devono avere i propri attimi per splendere, per dare il meglio, e devono essere i momenti giusti. Abbiamo adoperato due orchestre diverse perché abbiamo lavorato in sessioni di registrazione staccate per alcune canzoni e non potevamo avere gli stessi strumentisti in due luoghi differenti. Novanta elementi sono senza dubbio molti, ma sono dei professionisti e noi avevamo già predisposto tutto in anticipo. Per i cori è stato leggermente diverso, gli americani ci sono serviti in quanto madrelingua e più abituati a trattare col Metal, per la parte classica ci siamo invece affidati agli europei."
Questo album musicalmente riprende vari aspetti dalla storia musicale dei Blind Guardian e ne introduce di nuovi. Ad esempio per la prima volta André, hai deciso di lasciare la sua confort zone per un'accordatura più bassa?
André: "Cercavo nuovi elementi, in precedenza avevo usato chitarre accordate basse ma solo per delle piccole parti di un pezzo. Ho provato a sentire come suonasse usando la settima corda e sono rimasto contento dal suono e dall'idea di avere nuove vie da provare. In 'The Ninth Wave' quest’accordatura da un suono brutale e futuristico che mi ha molto soddisfatto."
Potete parlarci anche dell'artwork, anche stavolta firmato da Felipe Machado?
Hansi: "Lui è in grado di capire al volo cosa si vuole. Una volta che gli ho spiegato l'idea, Felipe è arrivato con due motivi che troverete nella versione earbook basati su due pezzi dell'album. Le immagini sono basate sulla correlazione fra Specchio Rosso e 'Imaginations'. Se si guarda la copertina della versione jewel-case si possono vedere due mondi differenti ed era proprio mia intenzione quella di mostrare i diversi universi racchiusi nell'album."
'Twilight Of The Gods' è il brano che avete scelto come singolo per precedere l'uscita dell'album, quali ritieni siano i suoi punti di forza?
André: "Personalmente ritengo che in questo pezzo siano contenute tutte le caratteristiche del nostro nuovo sound, perfettamente bilanciate con quelle che invece hanno contribuito a creare il nostro stile. 'Twilight Of The Gods' è stata inoltre la prima canzone per la quale ho scritto le parti di chitarra e credo che l'approccio profondo ed oscuro che abbiamo voluto affidarle suoni del tutto naturale. Credo poi che accanto agli aspetti di novità, come dicevo prima, il pezzo contenga anche le caratteristiche peculiari dello stile Blind Guardian come per esempio parti veloci che ben si affiancano ad intense aperture melodiche che ben si adattano alla dimensione live. Quando è arrivato il momento di scegliere il singolo, tutti noi sapevamo che le differenti sfaccettature contenute in questo nuovo album non potevano essere rappresentate da un solo brano, abbiamo quindi deciso di scegliere quello che i nostri fan avrebbero gradito maggiormente e quindi la scelta è caduta sul brano che suonava più hard e veloce e che meglio si prestava a riassumere quello che volevamo che arrivasse, perciò 'Twilight Of The Gods' ci ha messi tutti d'accordo."
'Behind The Mirror' è il vostro decimo album e per questo lavoro avete dichiarato che i Blind Guardian non hanno voluto cedere a nessun compromesso, cosa ha significato questo per te?
André: "Quando abbiamo iniziato a scrivere i brani per 'Behind The Red Mirror' la cosa più importante che ognuno di noi ha voluto preservare in tutta la sua forma è stata l'idea iniziale dalla quale sarebbe poi successivamente nata la canzone.
Ogni brano è costruito valorizzando il sound ed il mood che l'ispirazione di partenza ci suggeriva. Quando segui una strada in maniera decisa come stavamo facendo noi in quei giorni in studio, c'è però sempre il rischio che arrivi il produttore, come nel nostro caso poteva essere Charlie Bauerfeind, e ti dica che preferisce un altro tipo di sound per quello o quell'altro pezzo, per diversi motivi che possono non incontrare la visione professionale che si è fatto per il disco sul quale anche lui sta lavorando.
Il fatto di non voler scendere a nessun compromesso per noi ha significato proprio questo: sviluppare nella sua interezza l'idea iniziale senza fermarsi a discutere su altre opinioni, questo perché ognuno di noi si rendeva perfettamente conto che quello che stavamo scrivendo era il naturale evolversi del nostro sound e noi volevamo fortemente che questo seguisse il suo percorso e venisse alla luce. L'album è stato quindi la conseguenza diretta di questa scelta."
Guardando ai dieci brani di questo nuovo album ce n'è uno che preferisci rispetto agli altri per qualche aspetto particolare?
André: "Adoro in particolare le parti orchestrali che abbiamo potuto inserire in questo nuovo disco, che sono nate da esperimenti con i quali abbiamo voluto metterci alla prova. Proprio per questo 'At The Edge Of Time' ha un valore affettivo particolare per me, soprattutto per la sua genesi: in studio, infatti, quando abbiamo iniziato a lavorare a questo brano ho ritenuto fosse più opportuno partire dalle registrazioni proprio delle parti orchestrali perché un'orchestra vive una dimensione completamente diversa rispetto a quella di una band metal, in particolare cambiava la velocità, la dinamica attraverso le quali si creava il flusso di lavoro nelle diverse parti del brano, ha necessità di "respirare" le proprie parti, per questo ho voluto registrarle per prime.
Lavorando su 'At The Edge Of Time' mi sono accorto che in particolare proprio le parti orchestrarli hanno avuto ancora più attenzione ed un approccio ancora più forte e per questo è stato probabilmente fatto un lavoro dieci volte superiore rispetto ad altri brani, ma siamo davvero fieri del risultato che è una sorta di gran parata di cui siamo molto orgogliosi di questa melodia ed orchestrazioni che ci hanno regalato emozioni enormi. Poter lavorare e gestire tutto questo è stata un'esperienza straordinaria attraverso la quale sembra di essere davanti ad un'opera che vedi crescere sempre di più fino a che non si compie in tutte le se caratteristiche."
I Blind Guardian sono e sono stati protagonisti della scena metal degli ultimi trent'anni: come avete vissuto, come band, i cambiamenti che la stessa scena ha portato con sé in questo lungo arco di tempo?
André: "Credo che per una band come possono essere i Blind Guardian, non siano molto importanti i cambiamenti che colpiscono il panorama musicale, questo perché siamo un po' scostati dalla scena per quanto riguarda quello che suoniamo.
Non ritengo che la band possa essere inserita in qualche categoria particolare proposta dalla scena musicale nel senso che quando i Blind Guardian sono nati il panorama musicale era certamente diverso da quello di oggi, abbiamo vissuto grandi cambiamenti, come per esempio può essere stato l'arrivo di internet, oppure anche le diverse tendenze che spingevano la musica in direzioni diverse in particolari momenti, come per esempio quella che negli anni Novanta sosteneva che il metal fosse ormai giunto al capolinea e che nessuno avrebbe mai più voluto ascoltare metal. A tutto questo la nostra reazione è stata semplice: abbiamo ascoltato cosa ed abbiamo continuato a fare la musica che realmente ci piaceva, lasciando che questa potesse seguire la sua naturale evoluzione attraverso ogni album. La nostra risposta all'affermazione che il metal era morto sono stati due album, 'Imaginations From The Other Side' e 'Nightfall', attraverso i quali credo che i Blind Guardian abbiamo dimostrato come non fosse vero. Non ci siamo mai fatti influenzare dalle mode portate avanti dalla scena ed il nostro traguardo è stato quello di evolverci come band e cercare di trovare sempre nuove idee con le quali poter dare il nostro contributo alla musica metal."
Se pensiamo ai primi Blind Guardian abbiamo una band che portava un metal più diretto, poi siete cambiati passo dopo passo ad ogni album. Se in futuro dovesse uscire un disco più vicino al vostro primo sound, come credete possa esser accolto dai vostri attuali fans?
Hansi: "A dir la verità non ci abbiamo mai pensato, anche se qualcuno ce l'ha suggerito diverse volte. Un'uscita del genere tuttavia non coinciderebbe con la nostra filosofia. Se un album così dovesse uscire sarebbe una pura casualità, probabilmente coincidente con le nostre idee di quel determinato momento. Ma non credo sia possibile. Amiamo ciò che abbiamo fatto in passato e non sentiamo quei Blind Guardian così distanti dagli attuali. La differenza fra il gruppo di allora e quello di adesso è stata senza dubbio avvertita maggiormente dai fans del nostro vecchio sound, rispetto che dalla band stessa."
A che punto è il vostro progetto orchestrale?
Hansi: "Abbiamo continuato a registrare le parti orchestrali ed il songwriting durante lo scorso anno. La scrittura dei pezzi è praticamente ultimata e ci mancano ancora tre registrazioni dell'orchestra. Durante quest'anno sarà il mio turno per le parti vocali. Il nostro obiettivo è rilasciare l'album nel 2016, ma vedremo se sarà possibile a causa del prossimo tour che ci potrebbe tenere impegnati più del previsto."
Avete idea di portarlo anche live?
Hansi: "Sicuramente sì. Non porteremo l'orchestra con noi durante il tour di "Beyond The Red Mirror", ma una volta che l'album orchestrale sarà rilasciato ci sarà la possibilità di riportare il Blind Guardian Festival e di suonare nuovi e vecchi pezzi con una filarmonica dal vivo. Tenteremo di fare anche altre date, non molte, in altri paesi."
Intervista condotta da:
Stefano Giorgianni
Elisa Penati
Paky Orrasi