“A twist in the myth”, ottava fatica dei Blind Guardian, la prima senza la line up originale, sarà nei negozi il primo di settembre. Avrete già letto il resoconto completo della conferenza stampa tenuta da Hansi Kursch e André Olbrich qualche mese fa: in quell’occasione avevo potuto ascoltare il disco solo una volta, senza quindi essermi fatto un’idea precisa dei suoi contenuti. La mia idea era, detto sinceramente, quella di poter risentire la band con calma in occasione del suo passaggio italiano ad ottobre, con il nuovo album opportunamente assimilato e digerito. Immaginate dunque la mia sorpresa quando mi viene comunicato che i Guardian non avrebbero effettuato interviste quest’autunno, e che avrebbero parlato alla stampa solamente a metà luglio, prendere o lasciare!
Ovviamente ho scelto di prendere, ma per dovere di onestà nei vostri confronti devo precisare che al momento di parlare con Marcus Siepen “A twist in the myth” girava solo da una settimana nel mio stereo e che questo ha inevitabilmente influenzato la chiacchierata con lui…
Bando alle ciance, quando suona il telefono di casa ricordo improvvisamente che l’Italia è campione del mondo da tre giorni, e che all’altro capo del filo c’è un tedesco… forse l’occasione non si presentava poi così sfavorevole…
Prima di iniziare… sei sicuro che non sia un problema parlare con un giornalista italiano, visto come sono andati questi campionati del mondo?
(ride) No, anzi, sono piuttosto sorpreso per come è andata bene la Germania in questo torneo: mi sarei aspettato che venisse buttata fuori al primo turno, dato che la squadra era piena di elementi giovani, che non avevano avuto ancora la possibilità di crescere e amalgamarsi tra loro… in realtà sono andati benissimo, per cui sono contento così!
Già, per noi non era molto diverso: veniamo dallo scandalo del calcio, per cui le mie aspettative non erano altissime… mai stato più contento di sbagliarmi! L’Italia in questi giorni è un delirio!
Già, posso immaginare…
Bene, direi che è il momento di parlare del nuovo album…devo confessarti che è non so ancora dirti se “A twist in the myth” mi piaccia o meno: l’ho ascoltato troppe poche volte e di solito un vostro lavoro necessita di molto, molto tempo prima di essere compreso a pieno! Mi pare però che questa volta abbiate privilegiato una maggiore linearità negli arrangiamenti, pur conservando tutta la complessità e la scarsa immediatezza delle melodie che contraddistingueva anche “A night at the opera”: che ne pensi?
Sì, capisco quello che vuoi dire e sono d’accordo con te: questo è un disco decisamente più lineare e diretto di quanto non fosse “A night at the opera”. E’ una cosa che abbiamo fatto di proposito, perché con canzoni come “And then there was silence” sapevamo di avere raggiunto il limite massimo di quanto poteva essere fatto in termini di complessità. Non aveva più senso dunque che ci mettessimo a comporre altre canzoni da tredici minuti o sovraincidere centinaia di tracce e cose così. Abbiamo deciso quindi di muoverci in una direzione completamente diversa, e il risultato, come tu stesso hai notato, è un disco molto più diretto, che va maggiormente dritto al punto, con molte meno orchestrazioni. Devo dire che siamo molto soddisfatti di come è venuto fuori!
Già, però non si può certo dire che le melodie siano così immediate: ci sono cose più classiche come “Otherland” o “Turn the page”, ma dall’altra parte, canzoni come “Lionheart”, “The edge”, o la stessa “Fly”, sembrano davvero distanti dalle cose da voi fatte in precedenza…
E’ vero, siamo sempre i Blind Guardian, non intendiamo rinnegare le nostre radici, ed è per questo che sul disco ci sono episodi che hanno i tratti tipici del nostro sound. Abbiamo sempre cercato però di proporre cose diverse, mai tentate prima, perché suonare le stesse cose anno dopo anno risulterebbe troppo noioso. E’ per questo che, soprattutto nelle canzoni che hai nominato, ci sono sonorità così diverse rispetto a quelle del passato, ma è una cosa fatta intenzionalmente. Ci piace sperimentare, credo che sia questo il tratto principale che ci distingue come Blind Guardian: che disco dopo disco cerchiamo sempre di spostare un po’ più in là il limite di ciò che possiamo fare e di esplorare nuovi territori.
E credo che questa sia anche la ragione che fa sì che siate tra i miei gruppi preferiti di sempre! Permettimi però una considerazione: sembra che nelle nuove canzoni l’elemento speed sia pressoché assente… non temete l’eventualità di perdere i fans che da sempre considerano i Blind Guardian come una delle band di punta del power metal europeo?
In primo luogo non sono d’accordo sul fatto che abbiamo smesso di fare canzoni veloci: sul disco ci sono alcuni episodi veramente speed, come “The edge” o “This will never end”, che è anche un pezzo molto pesante. Per quanto riguarda la possibilità di perdere fans… è difficile accontentare tutti! Se avessimo fatto ancora cose sullo stile di “A night at the opera” ci sarebbero state certamente persone che avrebbero preferito “Somewhere far beyond”. Al contrario, se avessimo fatto un ritorno a quelle sonorità, probabilmente molti se ne sarebbero venuti fuori a dire che erano meglio le sonorità di “Nightfall…”! E’ assolutamente impossibile accontentare tutti, non ci proviamo e non ci interessa nemmeno! Ci sono solo quattro persone che tentiamo di mettere d’accordo al momento di scrivere un nuovo disco, e siamo noi stessi! Se cominci a pensare “Hey, devo fare questo per accontentare quel gruppo di fans”, oppure “no, devo fare quest’altra cosa per venire incontro a quest’altro gruppo”, allora ti perdi completamente! Facciamo solo quello che ci sentiamo di fare al momento, senza porci tanti problemi, poi andiamo in studio a registrare e facciamo uscire il disco: solo a quel punto, col disco già nei negozi, sarà nostro interesse vedere come i nostri fans reagiranno! Credo che in questo caso sarà inevitabile perdere qualche fans, ma d’altro canto ne acquisteremo senza dubbio di nuovi. E’ inevitabile, succede ad ogni band sulla faccia della terra: se cambi, arriverà sempre il momento in cui qualcuno ti volterà le spalle perché ti preferiva com’eri prima. Come ti ho detto, non ci preoccupiamo minimante di questo, per noi è molto più importante avere la possibilità di sviluppare e far crescere il nostro stile nel corso del tempo.
Come avete lavorato per questo disco? so che in genere avete dei processi di gestazione molto elaborati…
E’ andato tutto come al solito: ci siamo dapprima seduti a decidere la direzione che il disco avrebbe dovuto prendere, dopodiché ci siamo messi al lavoro nel nostro studio personale, mettendo insieme le varie idee che avevamo e cercando di trasformarle in canzoni finite.
Diciamo che l’unica differenza riguardo la registrazione è stata che per la prima volta in molti anni non abbiamo sperimentato nessun problema tecnico! In passato infatti ci era successo veramente di tutto, dai nastri danneggiati ai computer rotti (ride)… questa volta tutto è andato liscio, la cosa peggiore che ci è capitata è stato doverci fermare per un paio di settimane perché Hansi si era preso una brutta influenza e ovviamente non riusciva a cantare!
E’ universalmente noto che i principali compositori all’interno della band siano André Olbrich e Hansi Kursch, mentre tu sei sempre stato particolarmente defilato in questo ambito: c’è una ragione particolare per questo?
E’ una mia scelta personale, nel gruppo non c’è nessuna legge per cui le canzoni debbano essere scritte solamente da Hansi e da André! Volendo, posso scrivere quanto e come voglio, è solo che non scrivo molto spesso! Ho scritto un brano per questo disco, apparirà come bonus sul secondo singolo che pubblicheremo, ma ho scritto anche più di un brano in passato. Nel corso degli anni è accaduto spontaneamente che Hansi e André costituissero un team particolarmente creativo, che le idee migliori venissero fuori da loro, ma abbiamo sempre lavorato tutti e quattro insieme, proponendo ognuno le sue cose… non è un problema, sono assolutamente soddisfatto di questa situazione!
Non hai mai pensato di realizzare un disco solista, prima o poi?
Ovviamente esiste la possibilità, ma non c’è ancora nulla di programmato. Inizierei davvero a pensarci nel momento in cui dovessi scrivere canzoni che non abbiano nulla a che fare con lo stile dei Blind Guardian, ma dal momento che questo per ora non avviene, non c’è nessun motivo per cui dovrei registrare i miei pezzi con qualcun altro! Tra l’altro non sarebbe una cosa difficile da fare, perché molti dei miei amici sono musicisti, dunque non sarebbe affatto un problema trovare le persone con cui suonare, ma, come ho detto, le mie canzoni continuano ad essere perfettamente inserite nel trademark dei Blind Guardian… non vedo alcuna ragione di dedicarmi ad un progetto solista!
Siete sempre stati una delle band più affiatate dell’intero panorama metal, dato che avete registrato ben sette dischi senza mai modificare la vostra line up. Recentemente però avete perso per strada Thomen Stauch, che non era proprio un elemento di secondo piano… com’è suonare con un altro batterista? Hai ascoltato qualcosa dei progetti realizzati da Thomen dopo la sua dipartita?
In effetti all’inizio è stato strano: abbiamo sempre suonato con la stessa line up, eravamo abituati ad essere noi quattro insieme, però credo che quella di separarci sia stata la decisione giusta. E’ stato l’esito di un processo graduale, nel corso degli anni le nostre opinioni, sia personali che professionali, hanno iniziato a divergere progressivamente, è diventato sempre più difficile mettersi d’accordo sulle varie decisioni, e alla fine siamo arrivati al punto in cui ci siamo seduti attorno ad un tavolo ed abbiamo parlato esplicitamente di tutto questo. La conclusione naturale è stata che fosse meglio per tutti prendere strade separate. Per quanto riguarda i Savage Circus, ho ascoltato l’album, è molto buono, ma non è certo quello che avremmo fatto noi. Come ti dicevo prima, non amiamo ripeterci, non registreremmo mai due album uguali uno in fila all’altro, per cui questa decisione di Thomen di tornare così prepotentemente al suono dei primi anni novanta non incontra il nostro favore, ma ovviamente se questo è quello che a lui piace fare va benissimo così! Gli auguro ovviamente tutta la felicità possibile per il futuro, dopo tutto i nostri rapporti sono rimasti buoni, ultimamente ci siamo sentiti poco a causa degli impegni di registrazione e promozione del disco, ma credo proprio che nei prossimi giorni gli telefonerò…
E’ arrivato il momento di parlare del tour di supporto a “A twist in the myth”…
Sarà sicuramente molto lungo: partiremo dall’Europa ai primi di settembre e ci staremo per circa sette settimane, dopodiché ci recheremo per altre sei, sette settimane negli Stati Uniti e in Canada. A questo punto ci prenderemo una pausa per Natale e Capodanno, e ripartiremo poi per il Sud Est asiatico e probabilmente per l’Australia. Poi faremo il centro e il Sud America, e torneremo di nuovo in Europa per un’altra serie di date, prima di girare nuovamente il mondo per i festivals. Nel momento in cui completeremo tutto questo, credo che la maggior parte del 2007 se ne sarà andata…
Qualche anticipazione sui brani che suonerete…
Al momento non abbiamo ancora pensato alla setlist: abbiamo suonato un paio di shows nei mesi precedenti, ma molto limitati nel numero dei nuovi brani, perché ovviamente il disco non è ancora fuori, abbiamo fatto solo “Fly” and “Skalds and shadows”. A settembre, quando inizieremo il tour vero e proprio, decideremo probabilmente di inserire in scaletta circa quattro o cinque brani di “A twist in the myth”. In generale lo show cambierà ogni sera, perché di solito proviamo molte più canzoni di quante non riusciamo a suonarne in un singolo concerto. Inoltre, cambiare due o tre brani ogni sera è per noi una scelta obbligata, perché staremo in tour circa un anno e mezzo, e se dovessimo suonare la stessa scaletta ogni sera ci sarebbe da impazzire! Inoltre abbiamo diversi fans che vengono a più di un concerto, e vogliamo dare anche a loro la possibilità di ascoltare un maggior numero di canzoni. Ad ogni modo, nulla è ancora deciso, inizieremo le prove per il tour ad agosto, e sarà allora che decideremo esattamente quali saranno le canzoni del nuovo album che suoneremo dal vivo, anche se abbiamo già iniziato a provarne un paio per vedere come sarebbero uscite…
Senti, posso azzardare una richiesta speciale?
Certo, dimmi pure…
Ecco, vi ho visto molte volte dal vivo prima d’ora, ma non ho mai avuto la possibilità di ascoltare “The Bard’s song – The Hobbit”: non è che la potete suonare ad ottobre quando verrete a Milano?
Ma l’abbiamo fatta diverse volte nello scorso tour!
Già, ma mai in Italia…
Davvero? Ne parlerò con gli altri allora, chissà mai che non la mettiamo veramente in scaletta…
Guarda, mi faresti davvero felice, visto che è una delle mie canzoni preferite, ma credo che vi ringrazierebbero anche molti tra i fans italiani… Cambiando argomento, che cosa mi dici invece del palco e delle scenografie?
Anche qui nulla di definitivo, ma sarà sicuramente una cosa completamente diversa rispetto a quanto fatto in passato, stiamo pensando di lavorare molto con i proiettori, abbiamo parlato di alcune nostre idee con un team di esperti che dovrebbe realizzarle, ma non c’è ancora niente di pronto…
Parliamo ora dell’attuale scena metal: ascoltato niente di interessante negli ultimi tempi?
Oh, io ascolto musica in continuazione, e certamente nell’ultimo periodo ci sono state diverse uscite che mi hanno interessato: mi è piaciuto molto il nuovo Amorphis, l’ultimo dei Nevermore, “Ghost Reveries” degli Opeth, poi ho amato tantissimo anche i due dischi dei System of a Down, “Mesmerize” e “Hipnotize” e anche una band israeliana chiamata Orphaned land… (grandissimi!) sì, decisamente di cose interessanti in giro ce ne sono parecchie!
E che cosa ne pensi degli Astral Doors, vostri prossimi compagni nel tour europeo?
Mi piacciono! Sono sempre stato un fan di Black Sabbath, e Rainbow, e loro richiamano molto quel tipo di sound, soprattutto il periodo in cui nei Sabbath c’era Tony Martin, in dischi come “Headless cross” o “Eternal idol”… li conoscevo solo di nome in precedenza, poi ci hanno fatto ascoltare il loro ultimo lavoro e siamo rimasti molto colpiti: non li avremmo certo invitati in tour con noi se non ci fossero piaciuti (ride)! Credo che in definitiva sarà una bill molto interessante… (a chi lo dici, sono quasi più eccitato al pensiero di vedere la band svedese che gli headliner…)
Parliamo un attimo della scena metal tedesca: che cosa è cambiato oggi rispetto ai giorni in cui avete iniziato?
Abbiamo iniziato nel 1987 e allora c’erano bands come Kreator, Helloween, Destruction, che sono vive e vegete ancora oggi, molte altre sono scomparse e al loro posto ne sono nate di nuove, come ad esempio i Masterplan, un gruppo che amo moltissimo. Credo che il discorso sia molto semplice: i gruppi buoni sono rimasti gli altri no. In questi anni è la stessa cosa, ci sono molte bands che si stanno facendo largo e che cercano di ritagliarsi uno spazio nel mondo del metal: le migliori ce la faranno, le altre scompariranno col tempo…
Prima hai detto che una costante della vostra band è quella di essere in continua evoluzione, di non ripetere mai le cose fatte in passato: se dovessi immaginare i Blind Guardian nel 2016 cosa ti verrebbe in mente?
Non ne ho la più pallida idea (ride)! L’unica cosa certa è che suoneremo sempre come i Blind Guardian, che il nostro tipico trademark sarà ancora lì, ma a parte quello… boh! In passato abbiamo subito i cambiamenti più inaspettati, abbiamo incorporato un sacco di influenze, e può darsi che la stessa cosa accadrà in futuro: magari assimileremo sonorità più moderne, a passo coi tempi, ma chi può dirlo?
L’unica cosa certa è che sarete ancora uno dei punti fermi del metal europeo: grazie Marcus per la tua disponibilità, ci vediamo ad ottobre!
Certo, e nel frattempo parlerò agli altri della faccenda di “The Bard’s song”…
Ragazzi, se mai la sentirete a Milano sapete già chi dovete ringraziare…