Tornano i
Viking Skull, band nata inizialmente come sideproject dei
Raging Speedhorn e che oggi, dopo varie vicissitudini, scioglimenti e cambi di line-up arriva al terzo full-lenght album. Della formazione originaria restano soltanto il vocalist
Roddy Stone ed il bassista
Waldie, ma la miscela sonora non pare cambiata:
metal/rock pesante che paga un forte debito a
Black Sabbath (periodo “Master Of Reality", per intenderci) e
Motorhead farcito con un suono grassissimo e
groovy. Ritmiche quasi sempre giocate su tempi medi rocciosi, voce roca ed alcolica in perfetto
Lemmy-style, arrangiamenti scarni e chitarre pesanti che si prodigano in riff ed assoli “d'altri tempi” sono gli ingredienti di questo buon
“Doom Gloom Heartache & Whiskey”. Il disco farà la gioia di tutti i
metallers amanti della musica che va dritta al sodo, senza inutili orpelli o abbellimenti:
rock and roll diretto ed essenziale.
Non c'è un calo di tensione lungo le nove tracce che compongono l'album: nove pezzi che sembrano l'essenza del tipico
“Sex, drugs and rock and roll” lifestyle: donne, divertimento, alcool e tanta voglia di suonare...sporchi, grezzi e distorti. Se cercate testi impegnati e suoni leccati rivolgete pure altrove la vostra attenzione (e il vostro denaro): qui c'è solo
grezzume, ma di quello che dovrebbe piacere ad ogni appassionato di metallo pesante degno di questo nome.
I nostri si trovano sempre a proprio agio, sia su territori
stoned (vedi la sabbathiana titletrack) sia in ambiti più dinamici (ascoltate l'incredibile
“Hair Of The Dogs” oppure la martellante
“In For The Kill”). Menzione speciale per la quadratissima
“Shot Down” introdotta da un brevissimo fraseggio di chitarra acustica che tradisce l'amore dei
Viking Skull per il blues. La traccia acustica finale,
“Drink”, la dice lunga sull'attitudine di questi figuri: una delirante e spassosissima dichiarazione d'amore (forse un po' troppo lunga) ad uno dei passatempi preferiti dal gruppo, accompagnata dal solo pianoforte e percussioni. Tutto questo fa molto
divertissement ed il brano sembra essere nato da una improbabile jam session tra i Gang Green ed un Tom Waits particolarmente “ispirato”...
La produzione, neanche a dirlo, è grezza, ma rende perfettamente ogni strumento ed enfatizza la pesantezza del suono.
Se nell'Heavy Metal cercate ancora spensieratezza, humor e suoni sporchi, questo disco potrebbe fare al caso vostro. In ogni caso, se amate i Black Sabbath e i Motorhead, un'ascoltatina sarebbe consigliabile dargliela.