Copertina 7

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2009
Durata:48 min.
Etichetta:Scarlet Records
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. AGE OF AQUARIUS
  2. SINS OF MY BELOVED
  3. IXION'S WHEEL
  4. BEHIND THE MASK
  5. GHOST OF FALLEN GRACE
  6. HEART OF ALL
  7. SO SHE WEARS BLACK
  8. KYRIE ELEISON
  9. INTO THE FUTURE

Line up

  • Gus Monsanto - vocals
  • Timo Tolkki - guitars
  • Bruno Agra - drums
  • Mike Khalilov - keyboards
  • Justin Biggs - bass

Voto medio utenti

Giunge al secondo capitolo l'avventura di Timo Tolkki al di fuori degli Stratovarius, per la precisione con questo "Age of Aquarius" che vede il passaggio dei suoi nuovi Revolution Renaissance dalla Frontiers alla Scarlet, confermando il feeling di Tolkki con la nostra penisola.
Personalmente avevo trovato il debutto "A New Era" un disco assai deludente, contraddistinto da un buon songwriting ma da una produzione insufficiente ed una prestazione vocale della coppia Sammet/Kiske davvero inadeguata su brani scritti da Tolkki per tutt'altro genere di ugola, ovvero quel Kotipelto che avrebbe dovuto cantare il disco a nome Stratovarius con il resto della band, tant'è vero che la demo che gira su internet con il buon Timo alla voce spazza via in maniera imbarazzante la release finale del cd uscito per Frontiers.
Per questo nuovo "Age of Aquarius" Tolkki ha rivoluzionato e sistemato la line up in maniera stabile ed affidato il difficile ruolo di vocalist a Gus Monsanto, già con gli Adagio, che dimostra perlomeno in studio di cavarsela egregiamente, sebbene si abbia la perenne sensazione che gli stessi gelidi brani di Tolkki, qualora cantati da Kotipelto, assumerebbero tutt'altro feeling e valore.
A proposito dei brani, c'è da dire che probabilmente su "A New Era" qualcosa girava decisamente in maniera migliore; "Age of Aquarius" soffre molto di un'alternanza tra i brani più lenti e seriosi (molto buoni) e quelli più easy e diretti, a volte non all'altezza se non imbarazzanti, come dimostra la brutta "Behind the Mask", decisamente la peggiore del lotto, mentre le più magniloquenti e pompose "Ixion's Wheel" o "Ghost of Fallen Grace" funzionano decisamente sin dal primo ascolto e che presentano in maniera inequivocabile l'incedere e lo stile del Tolkki trademark, rimandando la mente in maniera diretta alle suite dell'era "Episode" e "Fourth Dimension".
I due passi falsi della prima metà del disco (la già citata pessima "Behind the Mask" e l'incompleta "Sins of My Beloved") vengono superati in scioltezza nella parte finale dalla pesantissima tripletta "Heart of All", altro mid-tempos dal feeling più che drammatico, "She Wears Black", un lentone quasi doom a dir poco apocalittico ma davvero riuscito, e la tristissima "Kyrie Eleison", con tanto di inquietante preghiera recitata in sottofondo da un coro di bambini.
Ora potrebbe essere discutibile la scelta di piazzare tre brani così simili per stile e così lenti tutti in fila in chiusura di disco, ma sicuramente sono quelli maggiormente riusciti; "Into the Future" ha il merito di riuscire finalmente a piazzare in zona cesarini il colpo di un brano diretto, melodico e riuscito, quasi folk per le atmosfere, ed è forse questo il problema maggiore di "Age of Aquarius", l'assenza di un paio di hits trascinanti, come nel debutto potevano essere "Heroes" e "Glorious & Divine".
In definitiva, troviamo questo secondo album molto interessante ma con dei difetti che ne limitano la riuscita come una produzione non proprio stellare e la mancanza di power tracks come Tolkki comanda; d'altra parte ottimi mid-tempos ed una prestazione buona di Monsanto, che però pur essendo un buon vocalist non possiede quel "quid" speciale in più.
Quindi giudichiamo "Age of Aquarius" un lavoro superiore nella sua totalità al debutto su cd ufficiale, ma inferiore al demo cantato da Kotipelto, cantante a cui Tolkki, volente o nolente, ha legato gran parte della sua carriera e del suo successo.
In ogni caso un disco praticamente obbligatorio per gli estimatori di Tolkki, prima e dopo lo split con i "suoi" Stratovarius, di cui aspettiamo il primo passo senza il suo padre fondatore.
Recensione a cura di Gianluca 'Graz' Grazioli

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