Cambiano i fattori, ma il risultato è pressoché identico. Era difficile non ipotizzare una svolta stilistica più o meno marcata dopo la defezione di due “pezzi grossi” della passata line-up, quali l’axeman
Massimo Gajer e il cantante danese
Jacob Brehdal, ma così, evidentemente, non è stato.
Stoner “sporcato” da influenze death&roll, il tutto condito da una spruzzata di southern; in breve, nulla è cambiato dal loro precedente lavoro, l’ottimo
“Pain Is The Game”, se non l’aggiunta di qualche passaggio più accessibile e orecchiabile rispetto al solito. Si pensava addirittura che la scelta di
Trevor (Sadist) dietro al microfono potesse portare a una vera rivoluzione e a un’estremizzazione del loro, apprezzato, stile: nulla di tutto questo. Il cantante genovese è relegato a un ruolo davvero secondario, spesso “limitato” a doppiare il buon
GL Perotti (Extrema) con il suo tipico scream corrosivo.
“Breath Your Soul” è un lavoro davvero monolitico, marcio, ironicamente schietto ma pulsante di rabbia e passione, ottimamente suonato e prodotto. Convincente la prova del nuovo chitarrista
Tommy Massara (anche lui negli Extrema), così come anche della sezione ritmica, condotta con la consueta maestria dalla coppia Gelli-Longhi. Al contrario, mi dispiace ammetterlo, è stato fatto un passo indietro piuttosto evidente per quanto riguarda le vocals. E sì che la voce di Brehdal era diventato vero e proprio trademark della band, così grezza e sgangherata, ma effettivamente si poteva cercare un sostituto più accostabile al danese, senza nulla togliere a Trevor e GL. E ancora, il disco scorre via facilmente, nonostante la durata sia piuttosto elevata, ma dopo ascolti e ascolti ancora non trovo gli spunti straordinariamente trascinanti di “Pain Is The Game”, i refrain travolgenti a cui i nostri ci avevano abituato.
Alla fine si tratta di un buon disco, intendiamoci, ma preferisco vederlo in un’ottica “futura”, immaginando sia solo un capitolo di transizione che porti ai fasti qualitativi del loro (recente) passato.
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