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Kabal sono un outfit di Parma insieme dal 2003, con quest’autoproduzione omonima giungono alla seconda (all’attivo hanno anche un altro demo, “Bullet hole”) testimonianza sonora, ma la loro capacità di scrittura, le idee e la sicurezza che ostentano nel metterle in pratica, oltre alla loro notevole tecnica esecutiva, fanno pensare più a dei veterani della scena che non a degli esordienti.
Evidentemente i nostri, nonostante la “scarna” discografia, possono contare su un bagaglio d’esperienze professionali corposo e consistente, e apprendere, leggendo nel dettaglio la bio allegata, che, in effetti, si tratta di musicisti che collaborano assieme da molto tempo e arrivano da frequentazioni musicali appartenenti a vari generi, non fa che confermare l’impressione avuta durante il primo ascolto del lavoro in questione.
Ed è probabilmente proprio questa “apertura mentale”, la vera “colpevole” di un suono certamente di radicata marca heavy metal, tra NWOBHM e power americano degli eighties, e tuttavia anche sufficientemente “contaminato” da non risultare troppo datato e, soprattutto, scontato.
Si tratta di piccole sfumature, che vanno dal gothic (Sozzi e Manfredotti vantano una collaborazione comune nella cover band ufficiale degli HIM denominata Over Dream) fino all’hard rock, figlie inconfutabili di una cultura musicale sufficientemente ricca e variegata che, pur non snaturando assolutamente la “nobile” origine stilistica, riescono a distinguere, magari anche solo minimamente, il quintetto emiliano dai molti habitué del settore.
Il resto lo fanno due chitarre affiatate e molto ispirate, una voce duttile che nei frangenti più “cattivi” si rifà un po’ al magnetismo teatrale di Steve Sylvester, e una sezione ritmica solida e compatta, per un risultato complessivo di sicura suggestione e cospicua attrattiva, che saprà soddisfare, con “Ray of light”, “Endress narration”, “Why do we fight?”, nonché con l’epicheggiante “Liar” (molto bella) la Vostra voglia di HM “classico”, sfruttando un’oculata mistura d’attitudine british e approccio yankee filtrate attraverso la dedizione e la personalità compositiva tipica dei Kabal, ma che è in grado di sorprendere e affascinare forse pure di più tramite il seducente tocco gotico di “Heart attack”, “The eyes of the evil” (entrambe impreziosite dalla voce di Morena Chiesa), “Black different faces” e “The mirror” (Death SS meets Virgin Steele?), dove forza espressiva e temperamento aumentano ulteriormente le loro rispettive stature.
Un artwork assai curato e suggestivo integra le sensazioni ampiamente positive suscitate dalla prova dei Kabal, un gruppo, per quanto mi riguarda, davvero interessante e capace.
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